Elezioni parlamentari in Moldavia e osservatori internazionali

Il 28 settembre 2025 si sono tenute le elezioni parlamentari in Moldavia e, oramai, tutti dovremmo essere a conoscenza dei risultati. In una campagna elettorale per gran parte incentrata sul futuro posizionamento internazionale del Paese, ha prevalso col 50,20 percento dei voti il Partito di Azione e Solidarietà – scelta chiaramente europeista – sul Blocco Elettorale Patriottico arrivato al 24,17 percento, che offriva invece un’alternativa filo-russa.
Intanto, in questi giorni è girato sui social – spinto da numerosissimi account sospettosamente simili a bot – un messaggio che riportava tutta una serie di presunte criticità inerenti la gestione delle elezioni moldave. Ne riportiamo qualche estratto qui di seguito.
Le “elezioni” di oggi in Moldavia…
1. A 8 partiti non è stato permesso di partecipare alle elezioni.
2. Due partiti sono stati esclusi dai blocchi oggi il giorno prima delle elezioni. […]
8. Agli osservatori russi e bielorussi non è stato permesso l’ingresso. […]
10. Per la regione della Transnistria (con 200 mila elettori) sono state stampate 13 mila schede elettorali.
11. Sono stati aperti solo 6 seggi elettorali per i cittadini della Transnistria, in luoghi inaccessibili ai transnistriani. […]
Ecc., ecc., ecc., ecc.
In Moldavia c’è una tipica dittatura e solo un cieco non la vede.
E non ditemi che è lo stesso in Russia. Perché gli europei chiamano la Russia dittatura e autocrazia, mentre la Moldavia è una democrazia liberale.
– E.Nikolaev mw
Interessante il fatto che Maria Zakharova, portavoce del Ministero degli Esteri russo, abbia sostenuto le stesse precise accuse nella giornata del 29 settembre.
In sostanza veniamo sommersi di informazioni atte a suscitare il nostro sdegno più profondo, ma “E. Nikolaev mw”, nonostante dia l’impressione di essere piuttosto sul pezzo, non ci fornisce alcuna fonte a sostegno di quanto scritto. Ovviamente non abbiamo la minima intenzione di approfondire ogni singola affermazione in questo articolo, perché richiederebbe troppo tempo e chi scrive lo fa nel proprio tempo libero. Però cogliamo l’occasione per affrontare un tema che riteniamo alquanto rilevante, anche perché più volte tirato in ballo in queste occasioni: la regolarità delle elezioni e il ruolo degli osservatori internazionali.
Il lavoro di un osservatore internazionale
L’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE) mette a disposizione sul proprio sito una breve guida nella quale descrive la struttura organizzativa, il lavoro e il codice di condotta degli osservatori.
Il presidente dell’Assemblea Parlamentare (OSCE PA) nomina un rappresentante dell’Assemblea a capo di ciascuna missione. A questo sono affidate le visite ufficiali nel paese di osservazione, la guida di riunioni pre-elettorali per gli osservatori, la convocazione di gruppi consultivi con cui confrontarsi e il ruolo di portavoce dei membri della missione.
Prima delle elezioni gli osservatori revisionano la legislazione elettorale; la registrazione dei candidati, dei partiti e degli elettori; la campagna elettorale; la copertura mediatica; l’amministrazione delle elezioni; la gestione dei reclami e dei ricorsi.
Gli osservatori ricevono anche incontri con i membri del governo, dei partiti, della società civile e con i rappresentanti dei media e, il giorno delle elezioni, monitorano i seggi fino al termine dello spoglio.
Ciascun osservatore deve sottoscrivere il Codice di Condotta, impegnandosi così a rispettarne i pochi ma rilevanti punti. Tra gli altri, il rispetto delle leggi del Paese e delle autorità elettorali, il mantenimento dell’imparzialità politica in ogni momento, trattenersi dal rilasciare commenti al pubblico o ai media, accuratezza delle osservazioni e professionalità.
Ovviamente, queste sono informazioni che concernono esclusivamente gli osservatori OSCE, che certo non sono gli unici chiamati ad attestare la validità delle elezioni in giro per il mondo. Essi rappresentano però un punto di riferimento per la loro professionalità e la loro esperienza. Inoltre, gli osservatori internazionali in Moldavia provenivano per la maggior parte proprio dall’OSCE.
Le elezioni in Moldavia
In totale, la Moldavia ha ospitato 3423 osservatori di cui 912 internazionali: 149 di questi venivano da 22 missioni diplomatiche nel Paese; 269 da 12 associazioni internazionali; 118 dall’OSCE PA e 272 dall’OSCE/ODIHR. Per fare un paragone, l’ambasciatore russo alle Nazioni Unite Nebenzia ha difeso i referendum del 2022 nei territori ucraini occupati dai russi affermando che
sono state monitorate da più di 100 osservatori internazionali indipendenti da 40 Paesi.
La Commissione Elettorale Centrale moldava si riserva di invitare osservatori scelti da governi di Paesi stranieri, membri di organizzazioni non governative o di organizzazioni internazionali, le quali dovranno poi inviare adeguata documentazione per l’accreditamento degli stessi. Allo stesso link della Commissione trovate l’elenco degli osservatori ammessi, suddivisi per organizzazione di appartenenza.
A questo riguardo facciamo notare che, nonostante l’esiguità numerica, due osservatori risultano avere cittadinanza russa e altri due bielorussa. Questi quattro osservatori vengono proprio dall’OSCE PA e dall’OSCE/ODIHR.
Il messaggio dal quale siamo partiti a inizio articolo sosteneva che non fosse stato permesso l’ingresso “agli osservatori russi e bielorussi”, ma questo non risulta corretto: è stata piuttosto impedita la partecipazione di quelli scelti dai governi di Russia e Bielorussia, ma è stato permesso l’ingresso ai membri OSCE provenienti da entrambi i Paesi. Inoltre, vi sono stati anche osservatori di Paesi che in questi anni non hanno assunto alcuna postura chiaramente anti-russa: Azerbaigian, Kirghizistan, Kazakistan, Uzbekistan, India, Uganda e molti altri. Se avete la pazienza di spulciare le liste ne troverete parecchi. A dirla tutta, ci sono anche stati due osservatori selezionati dall’ambasciata in Moldavia di un Paese europeo le cui posizioni in merito al conflitto russo-ucraino sono tutt’altro che allineate a quelle occidentali: l’Ungheria.
Un articolo pubblicato sulla testata russa The Insider si sofferma invece sulle domande di accreditamento più insolite – e irricevibili – arrivate alla CEC. Si tratta di soggetti che hanno vantato nei loro curricula esperienze da osservatori internazionali presso la Repubblica Popolare di Luhans’k nel 2015, al referendum sull’annessione russa delle due repubbliche popolari del Donbas nel settembre 2022, in Transnistria e in Abkhazia (regione autoproclamatasi indipendente, attualmente contesa tra Georgia e Russia e controllata militarmente da quest’ultima). Tutti personaggi legati in qualche modo al Cremlino.
Il Rapporto del 28 settembre della missione OSCE è composto da 24 densissime pagine che forse non si prestano a una rilassante lettura serale, ma che offrono una panoramica chiara, completa e ben ordinata sulle elezioni in Moldavia, evidenziandone punti di forza e criticità e offrendo considerazioni di carattere generale. In breve, gli osservatori hanno descritto elezioni regolari. Di seguito riportiamo solamente alcuni estratti di nostro interesse:
Nessun grande problema è stato identificato nell’accuratezza della registrazione degli elettori. Ad ogni modo, persistono problemi nelle registrazioni di persone decedute, particolarmente per i votanti residenti all’estero o nella riva sinistra del fiume Nistru (Transnistria). [p. 2]
Nonostante le preoccupazioni riguardo il numero dei seggi elettorali e delle schede a disposizione per gli elettori della Transnistria, le votazioni sono procedute senza code eccessive o mancanza di schede, seppur con qualche sovraffollamento. I pochi commenti negativi sono perlopiù legati a persone non autorizzate presenti ai seggi. [p. 3]
La gestione amministrativa delle elezioni ha incontrato la fiducia delle parti coinvolte per la competenza ed efficienza. Le sessioni della CEC sono state professionali e collegiali e la maggior parte delle decisioni è stata adeguatamente motivata e adottata per consenso. Comunque, in quanto organismo nominato politicamente, le divisioni di partito hanno portato a decisioni divisive (6 contro 3) su contenziosi tra candidati, mettendone in dubbio l’imparzialità e l’indipendenza. Queste decisioni sono collegate all’installazione di un numero minore di seggi elettorali nella Federazione Russa e per gli elettori residenti sulla riva sinistra del fiume Nistru (Transnistria) se paragonati alle precedenti elezioni, così come alla decisione sul numero di schede elettorali da stampare per la Transnistria. Le decisioni della CEC su tali questioni sono state prese sulla base di precise evidenze, ma questi problemi sono stati strumentalizzati da attori nazionali e stranieri a fini politici. In molte altre circostanze riguardanti la registrazione dei candidati e degli osservatori, i membri dell’opposizione si sono astenuti o hanno votato contro senza fornire alcuna ragione, lasciando le loro decisioni immotivate. [p. 7]
Il 25 settembre la CEC ha deciso, su raccomandazione dei servizi di sicurezza, di spostare cinque seggi elettorali per gli elettori della Transnistria in aree urbane collocate ad almeno 30 km dalla Zona di Sicurezza. [area tra la Repubblica di Moldavia e la Repubblica Moldava di Transnistria controllata da una forza di peacekeeping congiunta ndr] [p. 8]
Il 23 settembre funzionari statali della Federazione Russa e alcuni media, in particolare la TASS (l’agenzia di stampa statale della Federazione Russa), hanno diffuso una narrativa falsa e allarmistica dal Servizio Informazioni Estero (SVR) [servizio di intelligence russo ndr] affermando che l’EU avrebbe “occupato la Moldavia”, che la NATO intendesse minacciare la Transnistria da Odessa e che “plateali falsificazioni dei risultati elettorali avrebbero portato i moldavi a manifestare in strada per difendere i loro diritti”. [p. 15]
I ricorsi inerenti ai seggi all’estero, in Transnistria e alle sanzioni contro un candidato indipendente sono stati tutti respinti dalla CCA [Chişinău Court of Appeal ndr] e dalla SCJ [Supreme Court of Justice ndr]. Tutte le decisioni sono state motivate e pubblicate sul sito web, seppur con qualche giorno di ritardo. [p. 21]
Nel corso della giornata [delle elezioni ndr] sono stati segnalati allarmi bomba in alcuni seggi elettorali della Transnistria […] e uno in Drochia [città moldava capoluogo di regione ndr], in alcuni casi ripetutamente, come anche nelle aree dei ponti sul fiume Nistru. C’è anche stata una significativa campagna di disinformazione riguardo la chiusura di molti ponti per lavori; gli osservatori IEOM hanno controllato che così non fosse, ma lunghe code di auto sono state comunque viste. Le votazioni ai seggi e il movimento tra i ponti sono stati sospesi temporaneamente, contribuendo alle lunghe file. Allarmi bomba sono stati riportati anche presso seggi in Belgio, Italia, USA, Spagna e Romania. [p. 23]
Il rapporto parla anche dei due partiti eliminati dalle elezioni:
La CEC ha registrato 4 blocchi elettorali, 15 partiti politici e 4 candidati indipendenti provenienti da un ampio spettro politico che hanno offerto agli elettori una vasta scelta. […] Le decisioni della CEC e della Corte di Appello di Chisinau negli ultimi giorni prima delle elezioni di revocare due l’eleggibilità a due partiti […] hanno minato la certezza giuridica dei candidati alle elezioni e, considerando le tempistiche, hanno limitato il loro diritto di porvi rimedio, ai limiti degli standard internazionali. [p. 2]
Le indagini sono ancora in corso, per cui per ora possiamo aggiungere che Greater Moldova (Moldova Mare) è stato anche accusato di essere di fatto l’erede di un partito diretto da Ilan Shor – ricco uomo d’affari moldavo condannato dal Centro Anticorruzione Moldavo e attualmente in Russia, Paese di cui ha ottenuto la cittadinanza – già messo fuori legge in precedenza. Il nome del partito sembra rifarsi al concetto di Grande Moldavia che Wikipedia descrive in questo modo:
Nella maggior parte delle iterazioni post-sovietiche, “Grande Moldavia” è associata alla convinzione che i moldavi siano un popolo distinto da quello rumeno e che abitino parti della Romania e dell’Ucraina. Si tratta di una posizione marginale all’interno della disputa identitaria moldava, corrispondente a forme radicali di ideologia nota polemicamente come “Moldovenismo”.
La sua leader Victoria Furtună ha raggiunto il 4,45 percento alle scorse presidenziali.
L’altro partito escluso, Heart of Moldova, è stato fondato il 5 novembre 2024 – due giorni dopo la vittoria europeista alle elezioni presidenziali moldave – dall’ex governatrice della Gagauzia, una delle due unità territoriali autonome moldave con forti legami con la Russia (l’altra è la Transnistria). Per un approfondimento sulle due regioni vi rimandiamo ad un video documentario dell’OSW (Centre for Eastern Studies).
Heart of Moldova era inoltre uno dei quattro partiti riuniti nel Blocco Elettorale Patriottico che, come già detto, è stato regolarmente ammesso alle elezioni e si è classificato secondo. La pagina Wikipedia è già ricca di informazioni a riguardo.
Per quanto riguarda i seggi disposti nella Federazione Russa, il Moscow Times riporta le parole del ministro Dmitry Peskov, secondo cui a centinaia di migliaia di moldavi sarebbe stato negato di fatto il diritto di voto poiché i seggi messi a disposizione sono stati solamente due. Quest’ultimo numero è corretto ed entrambi i seggi sono stati collocati a Mosca, ma sul numero di elettori moldavi in Russia Peskov sembra essere fuori strada. Il censimento russo del 2021 parla infatti di 77’509 moldavi stanziati perlopiù nella Russia europea, di cui l’area di Mosca è parte. Consultando poi la pagina Wikipedia sulla diaspora moldava si scopre che quasi 600’000 cittadini moldavi risiedono nell’UE, e nella sola Ucraina erano 258’000 fino al 2001. A fronte di questi numeri non risulta complicato comprendere come mai quei 280’000 elettori della diaspora abbiano votato a favore del PAS, il partito europeista, ma vale la pena sottolineare un’altra cosa: alle elezioni del 2021 il PAS prese l’86 percento dei voti, mentre a queste ultime è arrivato al 78. Infine, il numero complessivo dei votanti – elettori in Moldavia e all’estero – non ha subito variazioni tali da suggerire stranezze o incongruenze.
A quanto detto va aggiunto che la CEC ha approvato l’apertura di due soli seggi elettorali tanto per la Russia quanto per l’Ucraina e Israele motivando la decisione come segue:
Si tratta dello stesso approccio che abbiamo avuto alle precedenti elezioni. Stiamo parlando di Paesi attualmente in guerra e in queste circostanze è difficile fornire garanzie ai funzionari elettorali senza esporli al rischio di finire vittime di un incidente militare. È complicato inviare l’equipaggiamento necessario per garantire la cybersecurity. […] Un seggio elettorale significa un’area adeguata, un accordo col Paese ospitante e dei funzionari elettorali ben formati. Implica l’invio di materiale sotto le garanzie di protezione e sicurezza. Ricordiamo addirittura casi in cui i cittadini moldavi sono stati arrestati. Abbiamo bisogno di sincerarci di quanti vorranno candidarsi come funzionari elettorali in tali circostanze.
Infine, il rapporto OSCE sottolinea che:
La campagna è stata competitiva e le libertà fondamentali sono state generalmente rispettate. I candidati hanno affiancato ai metodi di campagna tradizionali un uso estensivo dei social media, ma la campagna è stata segnata dagli attacchi ibridi, comprensivi di finanziamenti illeciti e disinformazione. Una rete organizzata finanziata da fonti straniere, che ha coordinato schemi di compravendita elettorale e campagne di disinformazione, è stata verosimilmente identificata dalle autorità e dai giornalisti investigativi come organizzata dalla Federazione Russa. Intensi sforzi di applicazione della legge hanno mitigato gli effetti negativi della compravendita elettorale.
Degli attacchi ibridi russi in Moldavia avevamo parlato approfonditamente negli articoli Moldavia: il nuovo laboratorio della disinformazione russa e in Quando gli interessi collidono: Durov e le elezioni in Moldavia.
Un osservatore internazionale non è un soggetto che che si reca ai seggi, gira un video e grida al mondo “tutto in regola” o “frode elettorale”. Gli osservatori internazionali devono possedere un’adeguata formazione, un curriculum di rilievo, essere in grado di analizzare tutti gli aspetti rilevanti al fine di giudicare nel modo più imparziale possibile il processo elettorale facendo attenzione a non influenzarlo e, infine, riuscire a sintetizzare il loro operato e quanto rilevato in rapporti chiari e ben ordinati. L’osservatore internazionale svolge una professione complessa e delicata e la sua affidabilità dipende da ben più che dal mero Paese di origine.
RC
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