Terapia Di Bella, magistratura e giornalismo
Che nel 2025 si parli ancora del Metodo Di Bella come di una cura efficace è deprimente, ma non sorprende. È il risultato del solito giornalismo pigro, quello che scambia una sentenza per una scoperta scientifica e la spaccia come verità.
Oggi ripeschiamo un vecchio caso, uno di quelli che probabilmente ci farà guadagnare l’ennesima querela, perché continua a tornare fuori anche dove non dovrebbe: perfino dentro le risposte dell’intelligenza artificiale di Google.
Alla mia ricerca su questo tema, l’IA ha infatti risposto così:
La cronaca bolognese ha trattato a lungo il caso di Barbara Bartorelli, un’imprenditrice che guarì da un tumore grazie alla terapia Di Bella e per la quale un giudice ordinò all’Ausl di rimborsare le spese, un caso molto discusso che si protrasse per diversi anni.
Barbara Bartorelli: Era una piccola imprenditrice di Castel San Pietro Terme che si curò con la terapia Di Bella e guarì da un tumore.
Decisione giudiziaria: Un giudice ordinò all’Ausl di rimborsare alla signora Bartorelli le spese della cura, dopo un lungo periodo in cui la sanità pubblica aveva inizialmente rifiutato di coprire le terapie.
Controversia: Il caso, che si concluse intorno al 2012, è diventato un esempio delle dispute legali legate alla terapia Di Bella e all’accesso alle cure mediche in Italia, come riportato da Il Resto del Carlino.
Il grassetto nel primo paragrafo è mio. L’IA generativa di Google leggendo i quotidiani italiani ci dice che una signora è guarita da un tumore grazie alla terapia Di Bella. Il problema è che la terapia Di Bella era ed è considerata inefficace dalla comunità scientifica. Ma allora perché l’IA ci risponde così? Lo fa perché esiste una sentenza che fu riportata da alcuni quotidiani come prova dell’efficacia di tale terapia. Ma questo è un errore giornalistico grave: come sappiamo, infatti, una sentenza non fa scienza. E di errori come questo in questi 13 anni di BUTAC ne abbiamo visti talmente tanti che abbiamo ritenuto utile scrivere quanto state leggendo per cercare, per l’ennesima volta, di fare chiarezza.
Il caso di Barbara Bartorelli
Il caso di Barbara Bartorelli, citato anche nel Resto del Carlino da cui Google IA ricava le informazioni, è un perfetto esempio di come una sentenza possa essere scambiata per prova scientifica.
La signora si ammalò nel 2003, si sottopose a quattro cicli di chemioterapia, e poi decise di affidarsi al cosiddetto Metodo Di Bella. In seguito guarì e, convinta che la terapia alternativa fosse la causa della guarigione, portò la Ausl di Bologna in tribunale chiedendo il rimborso delle spese sostenute.
In primo grado la signora vinse la causa, ma in appello perse. Purtroppo però la stampa aveva ormai titolato come fece il Carlino il 17 settembre 2012:
È guarita e il giudice ordina: “Paghi la cura Di Bella all’Ausl”
E altri hanno rincarato la dose, come Radio Radio nel 2020:
“Sono guarita con il Metodo Di Bella, ma il Tribunale mi ha condannata” ▷ Ora deve risarcire la Asl
Il punto, però, è che un tribunale non certifica l’efficacia di un trattamento medico, ma stabilisce solo se un servizio sanitario debba o meno rimborsarlo in base alle leggi e alle perizie presentate. Il magistrato non può certificare scientificamente cosa ha portato alla guarigione della signora, ma solo se l’ASL sia tenuta a rimborsare le spese sostenute o meno. Nulla di più. A confermare o smentire l’efficacia del metodo devono essere gli scienziati.
Il Metodo Di Bella è stato testato ufficialmente nel 1998 in una sperimentazione ministeriale coordinata dall’Istituto Superiore di Sanità e dall’AIFA. I risultati furono inequivocabili: la terapia non portava nessun beneficio. Da allora, nessuno studio scientifico pubblicato su riviste serie ha mai smentito quelle conclusioni.
Purtroppo a distanza di anni Google, o meglio la sua IA generativa, continuano a ripetere la versione giornalistica meglio indicizzata, quella del Resto del Carlino, riportando una notizia inesatta. Succede perché i modelli linguistici dell’IA come quella si basano su ciò che leggono in rete, e se la rete riporta senza verificare, l’errore diventa automaticamente una verità assodata. Le bufale in questo modo attraversano i decenni, non perché siano fondate, ma perché nessuno ha mai corretto i vecchi articoli.
Purtroppo, anche grazie ad articoli come quelli del Carlino e di Radio Radio, ogni tanto torna fuori una guarigione miracolosa, utile ad avvelenare ulteriormente il pozzo.
Concludendo
Ventisette anni dopo la sperimentazione ufficiale che dovrebbe aver sancito una volta per tutte che il Metodo Di Bella non ha efficacia, siamo ancora qui a spiegare che un aneddoto non è una prova, una sentenza non è uno studio clinico, e una pagina di giornale non è una pubblicazione scientifica. Ma è evidente che in Italia si preferiscono i miracoli alle evidenze scientifiche.
Il Metodo Di Bella non ha mai avuto alcuna riabilitazione nonostante venga continuamente resuscitato da giornalisti frettolosi, ignoranti o in malafede. Il problema non è solo la cattiva informazione di ieri, il problema è che quella cattiva informazione continua a circolare anche oggi, proprio grazie ad articoli bene indicizzati e a testate che invece che pubblicare smentite li lasciano online, felici dei pochi click quotidiani che ricevono. Le IA generative non fanno fact-checking, ripetono con voce più convincente gli errori di sempre.
Ecco perché articoli come quello di oggi hanno ancora motivo di essere scritti: non per il gusto di smontare storie del passato, ma per ricordarci che le verità vanno ripetute più e più volte perché attecchiscano, quando alle bugie basta pochissimo per diventare fatti.
Qui tutti i nostri articoli sul Metodo Di Bella.
maicolengel at butac punto it
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