Tutti i paradossi del vietare la cannabis light

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Il Governo Meloni ha introdotto, con un emendamento al disegno di legge “Sicurezza”, nuove norme che vorrebbero vietare le infiorescenze di canapa a prescindere che queste contengano o meno THC, il principio attivo psicoattivo della cannabis. Il testo deve essere ancora approvato sia dall’aula della Camera che del Senato, ma è probabile che senza una reale mobilitazione a settembre diventi legge dello Stato.

L’emendamento ha l’obbiettivo di rendere illegale il mercato della cosiddetta cannabis light che si è sviluppato in Italia a seguito della legge 242 del 2016. Una legge, approvata all’unanimità dal Parlamento, che voleva sostenere la filiera nazionale della canapa. Le infiorescenze di cannabis light, prodotte da sementi certificate dall’Unione Europea, possono avere tracce di THC (secondo la legge massimo 0,6% in campo e 0,2% alla vendita) e percentuali rilevanti invece di altri principi attivi, come il cannabidiolo (CBD) che non ha effetti psicotropi e nessun effetto collaterale significativo, come riferito dall’OMS a seguito della revisione scientifica del 2020.

Il testo dell’emendamento governativo, approvato in una contestata seduta notturna della commissione Giustizia della Camera, esclude esplicitamente dall’applicazione della legge 242/2016, i “prodotti costituiti da infiorescenze di canapa (Cannabis sativa L.), anche in forma semilavorata, essiccata o triturata, o contenenti tali infiorescenze, comprese estratti, resine e olii da esse derivati.” Con l’intervento si intenderebbe quindi ridefinire in maniera restrittiva non solo gli usi dei prodotti della pianta, ma anche quali parti della stessa sarebbero utilizzabili lecitamente, escludendo così le infiorescenze.

La norma specifica anche che il consumo delle infiorescenze e derivati, è escluso dal quadro normativo “favorevole” della 242/2016. Coltivazione, distribuzione, vendita e detenzione di cannabis light sarebbero quindi regolati dal Testo Unico sulle droghe che prevede per le sostanze in tabella II (pianta di cannabis e suoi derivati) pene fino ai 6 anni di carcere. Per il consumo sarebbero così ugualmente applicabili le sanzioni amministrative previste come il ritiro della patente, del passaporto, del porto d’armi e del permesso di soggiorno per turismo (art. 75, DPR 309/90).

Per giustificare il suo inserimento all’interno del DdL “Sicurezza” il Governo ha dovuto riformulare l’emendamento presentato originariamente, motivandolo in premessa con possibili “alterazioni dello stato psicofisico” derivanti dal consumo di infiorescenze di canapa che possano mettere “a rischio la sicurezza o l’incolumità pubblica o la sicurezza stradale”. Un insulto al buon senso, prima ancora che alla scienza.

I paradossi giuridici

Con il testo approvato in Commissione alla Camera si introdurrebbe quindi l’assurdo giuridico di colpire con le sanzioni penali e amministrative previste per le sostanze psicotrope anche chi produce o usa infiorescenze senza effetti psicoattivi. Con una evidente lesione dei principi di proporzionalità, ragionevolezza e offensività del Diritto penale, soprattutto in virtù delle pene draconiane ancora riservate in Italia ai derivati della cannabis (da 2 a 6 anni, da 6 mesi a 5 anni per fatto di lieve entità, art. 73 comma 5).

Si creerebbe inoltre un loop normativo paradossale, in quanto l’emendamento che modifica la legge del 242/2016, escludendo dall’applicazione della normativa sulla canapa industriale le infiorescenze, rimanda esplicitamente alle “disposizioni sanzionatorie previste dal titolo VIII del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309”. Quest’ultimo però al suo articolo 26 esclude esplicitamente dal divieto di coltivazione la canapa industriale per gli usi “consentiti dalla normativa dell’Unione europea”, in accordo peraltro con la Convenzione Unica sugli Stupefacenti (art. 28, comma 2) che esclude dal contesto regolatorio la canapa “industriale”.

L’intreccio poi con la normativa europea richiama ulteriori dubbi di applicabilità, vista la regolamentazione e la giurisprudenza comunitaria in materia di libera circolazione delle merci prodotte legalmente all’interno dell’Unione.

Un loop che è anche giurisprudenziale, perché la Corte di Cassazione, in una nota decisione delle Sezioni Unite proprio sulla cannabis light, ha esplicitato che le previsioni del Testo Unico sulle droghe non sono applicabili nel caso che i derivati dalla coltivazione di cannabis (light) siano “in concreto, privi di ogni efficacia drogante o psicotropa, secondo il principio di offensività”[1]. Sempre la giurisprudenza – sulla base delle evidenze scientifiche e tossicologiche – ha fissato, ormai unanimemente [2], la soglia drogante allo 0,5% (5mg di THC disponibile su 1 grammo di infiorescenza) che invero sovrastima la quantità realmente disponibile di THC una volta assunta la sostanza (per via inalatoria – ad esempio con il fumo – si stima al massimo un 30% di principio attivo realmente assorbito dal corpo).

Le conseguenze sulla filiera

L’emendamento, vietando espressamente anche la lavorazione o il trasporto delle infiorescenze, pone anche difficoltà interpretative agli agricoltori rispetto alla “bonifica” della pianta, una volta raccolta, dalle sue parti vietate. E produrrebbe anche un danno diretto e immediato per chi oggi ha campi e serre pieni di piantine da fiore in fase vegetativa.

Vietando la cannabis light il Governo Meloni mette fuorilegge oltre 13 mila lavoratrici e lavoratori – per lo più giovani – impiegati nel settore, manda sul lastrico 3 mila aziende e invita alla chiusura le centinaia di negozi nelle città italiane. Un settore fra i pochi in agricoltura che proprio grazie alla legge del 2016 ha avuto una crescita, nonostante i dubbi interpretativi e le periodiche campagne politiche denigratorie che hanno portato anche a numerosi processi a coltivatori e commercianti. Impedendo agli agricoltori di avere un reddito dall’intera pianta, si mettono inoltre in crisi anche le altre filiere produttive della canapa: alimentare, tessile, bioedilizia, energetica. Infatti, le altre componenti della pianta, dalla fibra al canapulo, passando per il seme, da sole potrebbero non garantire la redditività delle coltivazioni e quindi determinare un abbandono della coltura.

Le associazioni dei produttori hanno iniziato una campagna di sensibilizzazione: mentre si preparano ricorsi, dall’Unione Europea alla giurisdizione italiana Imprenditori Canapa Italia, Sardinia Cannabis, Resilienza Italia Onlus, Canapa Sativa Italia, Federcanapa e Canapa delle Marche hanno avviato una petizione al governo che al momento ha raggiunto oltre 12.ooo adesioni.

Le conseguenze sul mercato

Se approvato il provvedimento regala anche alle narcomafie tutti coloro che oggi consumano cannabis light. Come dimostrato da alcuni studi, quello delle infiorescenze di provenienza industriale è un mercato che in larga parte sostituisce quello della cannabis illegale.

Le esperienze di regolamentazione dimostrano che è meglio regolare un mercato piuttosto che mantenerlo – o renderlo – illegale. Perché l’illegalità non fa altro che produrre più danni: non garantisce la qualità delle sostanze, avvicina i consumatori all’ambiente criminale, stigmatizza e rende più difficile la prevenzione dell’uso problematico (anche se nel caso della cannabis light è davvero difficile immaginarlo).

Evidentemente il governo Meloni vuole produrre più danni. Se manca il nemico lo si crea. Oggi diventa il fiore di canapa industriale, quella che coltivavano i nostri nonni: è troppo simile a quello della cannabis, la pianta del demonio. Il fiore è lo stesso, e quindi può indurre in tentazione. Ma la verità è disarmante e insieme paradossale: è come vietare la birra analcolica per prevenire l’abuso di alcol. L’effetto reale sarà semplicemente regalare alle mafie anche tutti i clienti del mercato legale della cannabis light.


Il testo dell’emendamento

Nel capo II, dopo l’articolo 13 inserire il seguente:

Art. 13-bis.
(Modifiche alla legge 2 dicembre 2016, n. 242, recante disposizioni per la promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa)

1. Al fine di evitare che l’assunzione di prodotti costituiti da infiorescenze di canapa (Cannabis sativa L.) o contenenti tali infiorescenze possa favorire, attraverso alterazioni dello stato psicofisico del soggetto assuntore, comportamenti che espongano a rischio la sicurezza o l’incolumità pubblica ovvero la sicurezza stradale, alla legge 2 dicembre 2016, n. 242, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all’articolo 1:

1) al comma 1, dopo le parole: «della filiera» sono inserite le seguenti: «industriale»;
2) al comma 3, alinea, le parole: «la coltura della canapa finalizzata» sono sostituite dalle seguenti: «in via esclusiva la coltura della canapa comprovatamente finalizzata»;
3) al comma 3, lettera b), le parole: «dell’impiego e del consumo finale» sono sostituite dalle seguenti: «della realizzazione» e dopo la parola: «locali», sono aggiunte le seguenti: «, per gli usi consentiti dalla legge»;
4) dopo il comma 3 è aggiunto il seguente:

«3-bis. Le disposizioni della presente legge non si applicano all’importazione, alla lavorazione, alla detenzione, alla cessione, alla distribuzione, al commercio, al trasporto, all’invio, alla spedizione, alla consegna, alla vendita al pubblico e al consumo di prodotti costituiti da infiorescenze di canapa, anche in forma semilavorata, essiccata o triturata, o contenenti tali infiorescenze, compresi gli estratti, le resine e gli olii da esse derivati. Restano ferme le disposizioni del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309»;

b) all’articolo 2:
1) al comma 2, lettera g), è aggiunta, in fine, la seguente parola: «professionale»;
2) dopo il comma 3 è aggiunto il seguente:

«3-bis. Sono vietati l’importazione, la cessione, la lavorazione, la distribuzione, il commercio, il trasporto, l’invio, la spedizione e la consegna delle infiorescenze della canapa coltivata ai sensi del comma 1 del presente articolo, anche in forma semilavorata, essiccata o triturata, nonché di prodotti contenenti o costituiti da tali infiorescenze, compresi gli estratti, le resine e gli olii da esse derivati. Si applicano le disposizioni sanzionatorie previste dal titolo VIII del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309».

Note

[1] Cass., Sez. un., 30 maggio 2019 (dep. 10 luglio 2019), n. 30475, Pres. Carcano, Est. Montagni, ric. Castignani

[2] Nota n. 2018/43586 – Direzione Centrale Servizi Antidroga https://www.fuoriluogo.it/wp-content/uploads/2018/09/Ministero-Interno-31-lug-2018-commercializzazione-delle-infiorescenze.pdf

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