Il bagno dopo mangiato

Ogni anno, puntuale come le zanzare e i tormentoni estivi, torna anche una delle leggende urbane più diffuse sulla nostra penisola: “Hai appena mangiato! Niente bagno per tre ore!” e altrettanto puntualmente arrivano articoli sui quotidiani a ribadire il concetto. E dire che noi speravamo di esserci arrivati a sfatare questo mito quando, qualche anno fa, grazie a un’inziativa del compianto dottor Luigi Conte, insieme alla Federazione Nazionale degli Ordini Medici Chirurghi e Odontoiatri (FNOMCeO) è nato il portale Dottore, ma è vero che? per gli amici – e da ora in poi – DMEVC. Portale che era stato ideato apposta per sfatare alcuni dei più comuni miti e leggende urbane sulla salute che circolavano nel nostro Paese.
Uno degli articoli pubblicati nel 2018 s’intitolava:
(Dottore ma è vero che) non si deve fare il bagno dopo mangiato?
Peccato che i giornalisti non abbiano imparato ancora a usare una risorsa come DMEVC, infatti il 15 luglio 2025 ecco il Corriere della Sera pubblicare un pezzo dal titolo:
Al mare con i bambini: quanto tempo bisogna aspettare per entrare in acqua dopo aver mangiato?
Articolo che ci viene da definire un filino paraculo, visto che dopo quel titolo – che dà per certo che si debba attendere – racconta subito:
Non ci sono studi scientifici definitivi…
Che è esattamente quello che spiegava DMEVC nel 2018: non esiste alcuno studio scientifico che dimostri un legame tra il fare il bagno dopo mangiato e il rischio di morte o congestione. Senza studi occorre ovviamente basarsi sul buonsenso e sull’osservazione clinica. Scrive il Corriere, riportando le parole del dottor Alberto Villani, responsabile di Pediatria Generale presso l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù:
Se ci sono 40 gradi, il mare è molto caldo e si consuma un pasto frugale, la possibilità di congestione è ridotta. Al contrario, dopo un pasto completo e per di più con l’acqua del mare fredda, i rischi aumentano. È assolutamente imprudente e inopportuno, così come per gli adulti, che un bambino faccia il bagno senza il giusto tempo di attesa se ha consumato un pasto significativo e completo. In questo caso dovrebbero trascorre almeno 3 ore. I tempi di attesa possono essere ridotti con pasti frugali. In questo caso possono bastare anche un paio d’ore. Questo, però, se il tempo è bello ed il clima caldo.
Lucio Piermarini, pediatra, scriveva su Un Pediatra Per Amico nel 2016:
Se andiamo a cercare sulle riviste scientifiche, da banali medici conformisti, non troviamo nemmeno il corrispettivo del termine “congestione”. Una cosa tutta italiana insomma, un po’ come “la cervicale”: ma, direte, si dovrà pur ammettere che se uno si “scofana” poi si possa sentir male; certamente, ma intanto chi lo fa non è quasi mai un bambino e poi, quando accade, il malessere è progressivo e dà tutto il tempo, anche a un bambino, di comunicarlo e uscirsene dall’acqua.
E sul sito di Fondazione Veronesi vengono riportate le parole della biologa molecolare e divulgatrice scientifica Agnese Collino (vincitrice nel 2021 del Premio Nazionale di Divulgazione Scientifica – Giancarlo Dosi):
…la «congestione»…non è una «congestione». Da definizione, infatti, questo termine si riferisce a un «ristagno di liquidi a livello di un tessuto»: la cosiddetta «congestione digestiva» non ha quindi significato dal punto di vista medico (anche se giocoforza è entrata nell’uso colloquiale). Si tratta piuttosto di un rallentamento della digestione: il contatto della nostra pelle con l’acqua fredda (ma anche con il getto del condizionatore, o con l’aria frizzantina della mezzanotte di capodanno dopo l’immancabile cenone…) richiama il nostro sangue alle aree periferiche del corpo per mantenere la nostra temperatura, togliendolo quindi a stomaco e intestino. Nulla di mortale. Certo, i crampi e la nausea per il pranzo rimasto sullo stomaco non sono il massimo della vita, ma per evitare che una sguazzata nel mare, faccia questo effetto, basta limitarsi a consumare un pasto leggero, preferendo carboidrati e limitando proteine e grassi (più lunghi e complessi da digerire), e ovviamente facendo a meno dell’alcol. Una classica insalata di riso o di pasta o un panino andranno benissimo, la parmigiana magari mangiamola in un altro momento (o facciamola seguire a una pausa prima di bagnarci).
Come avete visto di articoli che si occupassero della materia, facili e in italiano, ce ne sono svariati. La domanda che sorge spontanea pertanto è una sola: come mai la redazione ha scelto di intervistare qualcuno di nuovo e non si è limitata a usare le risorse esistenti? DMEVC e Fondazione Veronesi non sono gli ultimi arrivati, e anche Un Pediatra Per Amico è una risorsa scientifica dedicata al mondo dei bambini abbastanza nota. Il dubbio, permettetemelo, è che i giornalisti sappiano ancora poco usare i motori di ricerca e non abbiano elenchi di siti affidabili su cui cercare prima di scomodarsi a fare interviste.
Sia chiaro, il dottor Villani nelle sue risposte – a parte usare il termine congestione all’italiana – non è che dica cose errate, riporta appunto il buon senso sulla materia. Buon senso che ci dice che difficilmente un bambino sotto ai sei anni in spiaggia farà un pasto ricco di proteine, alcol e altri elementi di appesantimento. Buonsenso che ci dice che anche mettersi alla guida dopo un pasto pesante è pericoloso, potremmo abbioccarci; ma a quel punto diventa la sagra dei luoghi comuni.
maicolengel at butac punto it
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