Milano-Cortina, il decreto Salva Olimpiadi finisce alla Consulta: dubbi sulla legittimità
Il decreto legge in questione, rinominato “Salva Olimpiadi”, metteva al riparo gli amministratori della Fondazione da indagini e processi per reati contro la pubblica amministrazione, come la corruzione e la turbativa d’asta (cioè l’aver “truccato” delle gare pubbliche), ipotesi al centro dell’inchiesta. Dopo il verdetto del gip, il governo si dice sereno e aspetta la decisione della Consulta, che potrebbe arrivare a giochi ormai conclusi, mentre il presidente della Lombardia Attilio Fontana accusa i giudici di voler ostacolare l’organizzazione.
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Il procedimento penale a Milano
Il “Salva Olimpiadi” è arrivato alcune settimane dopo le perquisizioni e i sequestri eseguiti dalla Guardia di finanza nell’ambito dell’indagine milanese. Ritenendo impossibile portare avanti il procedimento dopo l’atto dell’esecutivo, lo scorso aprile i sostituti procuratori Francesco Cajani e Alessandro Gobbis, coordinati dal procuratore aggiunto Tiziana Siciliano, avevano chiesto l’archiviazione dell’indagine sull’ex amministratore delegato della Fondazione, Vincenzo Novari, l’ex responsabile dell’area digitale, Massimiliano Zuco, due manager dell’organizzazione e tre privati (l’imprenditore Luca Tomassini e due manager della società di consulenza Deloitte). Se per le ipotesi di reato relative alla corruzione non erano stati trovati abbastanza elementi per sostenere l’accusa nel processo, il decreto del governo metteva in dubbio la possibilità di accusare gli indagati di turbativa d’asta.
La richiesta di archiviazione era però finalizzata anche e soprattutto a sollevare una questione di legittimità costituzionale. In altre parole, per i pm bisogna chiedere ai giudici della Corte costituzionale se un articolo del decreto rispetti o no la Costituzione e le norme internazionali ratificate dall’Italia.
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La questione di legittimità su un articolo del decreto
“Una legge nazionale che violi tali obblighi è costituzionalmente illegittima”
A quasi quattro mesi dall’udienza in cui le parti hanno discusso la richiesta di archiviazione, è arrivato il verdetto del gip Patrizia Nobile che ha trasmesso la questione alla Consulta e, nell’attesa della decisione, ha sospeso il giudizio sui sette indagati e, contestualmente, ha congelato i tempi per la prescrizione dei reati.
Secondo la giudice, l’articolo 11 del decreto viola gli articoli 3 e 77, 11 e 117 della Costituzione, ma anche l’obbligo di rispettare la direttiva 2014/24 dell’Unione europea in materia di appalti pubblici e la convenzione della Nazioni unite contro la corruzione (la convenzione di Merida), ratificata dall’Italia nel 2009. “Una legge nazionale che violi tali obblighi è costituzionalmente illegittima”, si legge nel decreto del Tribunale.
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L’interesse generale della Fondazione
La questione ruota intorno a un tecnicismo, cioè la definizione di ente diritto pubblico, ossia che persegue un interesse generale. Secondo la procura di Milano, la Fondazione Milano-Cortina ha natura pubblica perché organizza un evento come i giochi olimpici invernali e perché a costituirla sono state della amministrazioni pubbliche che, inoltre, hanno posto delle garanzie finanziarie: se ci saranno dei debiti, ricadranno su di loro. Secondo la Fondazione, invece, le olimpiadi non soddisfano un interesse generale (in estrema sintesi, non si tratterebbe di un servizio per la cittadinanza, ma di una competizione sportiva), i fondi utilizzati non sono pubblici, se non per una dotazione iniziale del suo patrimonio, e opera in regime di concorrenza (ad esempio, per vendere i biglietti o reperire sponsor), secondo logiche imprenditoriali.
La giudice, invece, ritiene la Fondazione un ente di diritto pubblico per varie ragioni. Innanzitutto perché ha un “contatto qualificato” con i suoi soci pubblici (che sono i comuni di Milano e di Cortina, le province autonome di Trento e Bolzano, le regioni Lombardia e Veneto, il governo e il Comitato olimpico nazionale). Inoltre ritiene che persegua un interesse generale anche perché la Costituzione riconosce un valore sociale, educativo e di benessere psicofisico allo sport.
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Fondi e garanzie pubbliche
La nomina di un commissario straordinario ai giochi paralimpici, legittimato “a subentrare nei rapporti giuridici della Fondazione”, e dotato di fondi pubblici, fa pendere il giudice verso la natura pubblica della Fondazione
Il gip di Milano si sofferma sull’utilizzo di fondi e garanzie pubbliche. Innanzitutto il patrimonio iniziale della Fondazione, del valore di centomila euro, è stato stanziato dai soci.
Ci sono poi le garanzie a copertura. Ad esempio, se per varie ragioni l’evento dovesse saltare, il comitato organizzatore dovrebbe ridare al Comitato olimpico internazionale i ricavi dei diritti televisivi anticipati dal Cio (stimati in 452 milioni di dollari statunitensi), e lo Stato potrebbe garantire più di 58 milioni di euro. Il gip ricorda che sia la Regione Veneto, sia la Regione Lombardia hanno accantonato rispettivamente 55 e 137 milioni di euro per l’eventuale copertura dei debiti e che la fondazione ha ottenuto prestiti bancarie grazie alle garanzie fornite dagli enti pubblici.
C’è anche un altro aspetto che fa pendere il giudice verso il carattere pubblico della fondazione ed è l’istituzione “d’urgenza”, attraverso il recente decreto Sport, di un commissario straordinario ai giochi paralimpici, “con legittimazione a subentrare nei rapporti giuridici della Fondazione Milano Cortina 2026”, figura “dotata di una somma pari ad un massimo di euro 148.880.000 e di euro 79.362.367 per la realizzazione dei compiti assegnatigli”.
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Nomine pubbliche per cda e collegio sindacale
L’ex ad Novari e l’ex dirigente Zuco dovrebbero essere quindi “pubblico ufficiale o incarico di servizio pubblico”, ma il decreto “ha arbitrariamente sottratto detto ente all’applicazione di nome di diritto pubblico”
Il giudice sottolinea ancora come il controllo della gestione sia affidato a un collegio sindacale composto da persone nominate dagli enti pubblici che hanno costituito la Fondazione, gli stessi che hanno designato la maggioranza dei componenti del consiglio di amministrazione, presieduto da una persona nominata dal governo.
Per tutte queste ragioni e altre “Fondazione Milano Cortina 2026 riveste la qualifica di organismo di diritto pubblico e in quanto tale è sottoposta alla procedura dell’evidenza pubblica, nel senso che è tenuta a rendere note le regioni di pubblico interesse che giustificano l’intenzione di contrarre, la scelta della controparte contrattuale e la formazione del consenso”. L’ex ad Novari e l’ex dirigente Zuco dovrebbero essere quindi “pubblico ufficiale o incarico di servizio pubblico”, ma il decreto “ha arbitrariamente sottratto detto ente all’applicazione di nome di diritto pubblico”.
Anche se i pm hanno fatto notare che sulla presunta corruzione non hanno trovato abbastanza prove nelle indagini svolte, per la gip la questione costituzionale è “rilevante” anche per quell’ipotesi di reato, oltre che per la turbativa, per poi decidere se archiviare o meno.
Le critiche al decreto
Il governo ha creato “una irragionevole zona franca per i dipendenti di quell’ente i quali (…) godono di una sostanziale ‘immunità’, con evidente disparità di trattamento rispetto ai dipendenti di una qualsiasi altra amministrazione pubblica”
“L’irragionevolezza dell’intervento normativo è tanto più palese se si considerano gli interessi giuridici protetti”, come “la libera concorrenza e la pari opportunità tra gli aspiranti a contrarre con l’amministrazione pubblica, prevenendo favoritismi”, ma anche il rispetto del principio del buon andamento della pubblica amministrazione, che dovrebbe scegliere il miglior contraente, per garantire efficacia e risparmi, evitare gli sprechi.
La fondazione, “alla medesima stregua degli altri organismi di diritto pubblico, non è esposta alle conseguenze delle scelte aziendali” perché le amministrazioni pubbliche hanno “ha immobilizzato componenti finanziarie pubbliche a un determinato scopo, assicurando il ripianamento delle perdite”: “Mentre un ‘impresa privata agisce con efficienza se raggiunge un certo profitto, per lo Stato o altro ente pubblico il profitto è rappresentato dall’utile sociale”.
Il decreto del governo ha creato “una irragionevole zona franca per i dipendenti di quell’ente i quali – a dispetto degli interessi pubblici che sono deputati a gestire e del paracadute economico creato dalle garanzie pubbliche di cui l’ente si avvale – godono di una sostanziale ‘immunità’, con evidente disparità di trattamento rispetto ai dipendenti di una qualsiasi altra amministrazione pubblica centrale e subcentrale”.
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Le reazioni politiche
“Il governo accoglie con serenità e piena fiducia il percorso avviato e attende l’esito della pronuncia della Corte costituzionale”. Così le agenzie di stampa rilanciano “fonti di Palazzo Chigi”, che rassicurano circa la riuscita dei giochi olimpici e paralimpici e circa il rispetto delle regole.
Il presidente della Lombardia, Fontana, arriva a dire che “quando partirono le Olimpiadi, il governo stabilì che la Fondazione (…) dovesse essere di diritto privato. Improvvisamente salta fuori che è di diritto pubblico e cambia tutto”, nonostante sia stato il governo a precisare – soltanto nel giugno 2024, a organizzazione già avviata e inchieste in corso – la natura della fondazione. “Per organizzare un evento importante come le Olimpiadi ci vuole elasticità che il pubblico non ci consente di avere”, ha aggiunto Fontana secondo il quale i magistrati “stanno cercando di mettere delle zeppe (sic) in un’organizzazione che sta funzionando e sta dando risposte eccellenti”.
Il presidente del Coni, Luciano Buonfiglio, crede “che Fondazione Milano-Cortina, col presidente Malagò, abbia operato nel diritto e nel rispetto delle regole”. Proprio l’ex presidente del Coni, Giovanni Malagò, attuale presidente della fondazione, afferma: “Io non ho mai pensato che avessimo una natura giuridica diversa, perché da subito l’avvocatura generale dello Stato aveva sostenuto la tesi appunto dei soggetti privati”.
Una delle poche voci critiche è quella di Luana Zanella, capogruppo di Avs alla Camera: “Ora aspettiamo le valutazioni dell’Alta corte, mentre constatiamo che questo modo di governare, che considera le leggi un ostacolo e non un sentiero da rispettare, è deleterio per gli interessi della collettività”.
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