Essere comune è un fatto straordinario

Essere comune è un fatto straordinario
COMUNE
 

aggettivo – 1.
Pertinente ad una comunità di persone socialmente organizzate 

La tengo un po’ vaga perché non so quanto le persone interessate vogliano riconoscersi, ma è così che me l’hanno raccontata. Un giorno, qualche anno fa, un giovane specializzando curdo viene in Italia per perfezionare i suoi studi di medicina. Arriva da un posto in cui quelli come lui non sono trattati benissimo e come specializzazione ha scelto chirurgia, perché vorrebbe tornare a esercitare in un posto in cui i curdi sono trattati anche peggio e combattono, nel senso letterale del termine, per cambiare le cose. Per cui essere un bravo chirurgo che opera le persone ferite può essere una cosa molto utile. Così il giovane specializzando curdo arriva in Italia grazie a un programma di studi, viene preso in carico dalla clinica di una facoltà di medicina e comincia la sua formazione.

È bravissimo. Un genio. Di più, o meglio, in aggiunta: un artista. Per fare il chirurgo oltre alla competenza, l’esperienza, l’occhio, l’intuizione, la passione, tutte quelle cose che concorrono a fare un grande medico, ci vuole anche la mano. Una cosa in cui ci si esercita ma che bisogna anche avercela un po’ di natura, come si dice del talento, e senza togliere niente alle altre specializzazioni della medicina, che hanno bisogno anche loro del proprio specifico talento, naturalmente. Ecco, il giovane specializzando curdo è così, un po’ Einstein e un po’ Picasso. Gli manca l’esperienza, naturalmente, ma in pochissimo tempo riesce a eseguire gran parte della routine di operazioni che altri ci mettono di più a coprire. Così il coordinatore del team a cui il giovane curdo appartiene chiama il responsabile del progetto e gli dice che nel gruppo hanno il Maradona degli specializzandi. Il responsabile ascolta, controlla, osserva e concorda: Maradona. Bisogna farlo crescere, nel modo giusto e anche bruciando le tappe, visto che se lo può permettere.

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Di grandi maestri ce ne abbiamo anche noi, naturalmente, ma il mentore giusto per quel tipo di talento viene individuato in un grandissimo chirurgo che opera e insegna negli Stati Uniti, e che viene contattato. Prende pochissimi studenti, ma visto il caso straordinario, accetta. Allora coordinatore e responsabile chiamano il giovane specializzando curdo e lo informano, raggianti, della grande fortuna che ha avuto. Che sembra la trama di un film americano: il giovane emaciato e mal rasato che viene da un Paese lontano, destinato a una faticosa e ingiusta vita da emarginato, che grazie al suo talento e al sacrificio della famiglia che lo fa studiare e di una intera piccola comunità che lo sostiene, finisce sotto l’ala protettrice del grande mentore e diventa uno dei più ricercati chirurghi degli Stati Uniti, con studio a Beverly Hills, supercar fuoriserie e villone a Mulholland Drive accanto alle star. E magari vicino, un po’ più piccola ma sempre enorme, una casa per la vecchia mamma curda che ha dato il sangue per farlo studiare.

Così chiedono al giovane dottorando curdo cosa ne pensa, e lui risponde: “No”. Anzi: “No, grazie”. Lui è venuto in Italia per finire gli studi, specializzarsi in chirurgia e poi tornarsene al suo Paese a fare quello che ha promesso alla sua famiglia e alla sua comunità. Magari in una grotta sulle montagne a rabberciare buchi di proiettile, quello che c’è bisogno. Studio, villa, macchina, grazie lo stesso, ma il suo talento non è soltanto suo e già l’ha messo a disposizione degli altri. In comune. Direttore e coordinatore, ammirati e stupiti, approvano.

Ha fatto bene? Ha fatto male? Dove poteva essere più utile il Maradona dei chirurghi e che fine ha fatto? Non lo so. E magari non è stato il solo. Perché vista la naturale spontaneità a fare le cose che hanno le persone come lui, probabilmente se gli avessimo chiesto il significato della nostra parola avrebbe scelto la seconda voce:

COMUNE

aggettivo – 2.
Che non esce dall’ordinario o non ha nulla di singolare

Da lavialibera n°5 settembre/ottobre 2020

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