Miracoli, guarigioni e giornalismo

Nei giorni scorsi in Italia (e non solo) ha fatto molto scalpore la notizia del 72esimo miracolo “accertato” della Madonna di Lourdes. Noi non vogliamo entrare nel dettaglio di un singolo caso, ma crediamo sia opportuno, da razionali quali siamo, cercare di dare qualche informazione che sui quotidiani non abbiamo visto spiegare con sufficiente dovizia.

Tutte le testate che ne hanno parlato hanno usato un lessico volutamente carico di suggestioni legate alla religione, ma questo non è fare informazione, bensì piegare la narrazione alla conclusione che vogliamo che il lettore raggiunga, convincendolo di quanto sia raccontando.

Il giornalismo, quello che ho sempre apprezzato fin da ragazzo, è un’altra cosa, dovrebbe limitarsi a un’analisi critica dei fatti, riportando le informazioni per quanto possibile, o al massimo arricchendole di proprie considerazioni in chiusura d’articolo. Questo, quando si toccano temi come la religione, in Paesi come il nostro succede raramente.

Cosa significa “miracolo riconosciuto”?

Partiamo dall’inizio, perché forse non tutti hanno ben chiare certe dinamiche. Quando si parla di miracolo riconosciuto dalla Chiesa cattolica non si fa riferimento a una prova oggettiva o scientifica, ma a un processo interno alla Chiesa stessa che si basa su una lunga e articolata procedura, in cui medicina e fede si intrecciano, ma non si sovrappongono mai del tutto. Il cosiddetto Bureau des Constatations Médicales esiste dal 1883 a Lourdes, e non si occupa di “certificare miracoli” ma solo di stabilire se una (supposta) guarigione sia scientificamente inspiegabile alla luce delle conoscenze attuali. Per dirla terra terra, il Bureau non afferma che una persona è guarita per “volere divino” ma solo che una persona “risulta guarita per motivi che oggi non sappiamo spiegare”. La differenza sembra sottile, ma non lo è.

Una malattia rara e complessa: davvero “senza speranza”?

Il miracolo a cui facciamo riferimento riguarda la guarigione dalla Sclerosi Laterale Primaria (PLS), una forma rara di malattia neurodegenerativa. La PLS viene spesso confusa con la SLA, ma sono patologie diverse: la PLS infatti ha una progressione più lenta, può arrivare a stabilizzarsi e in alcuni casi è stato riscontrato che possa avere periodi di remissione parziale e/o miglioramento spontanei. Sono tutte informazioni scientificamente documentate di cui però non si trova traccia negli articoli che parlano di miracolo. Inoltre una diagnosi di PLS è difficile da confermare con certezza, spesso ci sia arriva per esclusione di altre patologie. Nel caso specifico il racconto della donna guarita parte da una prognosi che non lasciava alcuna speranza, ricevuta vent’anni fa in un centro SLA delle Molinette di Torino – ma, a quanto ci risulta, di quella diagnosi non esiste alcuna conferma pubblica. I medici intervistati al massimo si sono limitati a dire che non si sanno spiegare quella guarigione, ma questo non significa ammettere che si tratti di un miracolo.

Il ruolo dei media

Purtroppo nel riportare la notizia i giornali italiani, invece che scegliere quello che dovrebbe essere la norma, ovvero sentire pareri esterni in un approccio laico e neutrale alla notizia, hanno preferito adottare un lessico emotivo, quasi liturgico, e scelto di intervistare solo medici che fossero già coinvolti nel caso. Pare di leggere bollettini parrocchiali invece che articoli giornalistici…

Il motivo di questo modo di fare lo conosciamo bene, come lo conoscono politici e giornalisti: la narrazione di eventi legati alla religione, in Paesi come il nostro, è equivalente a una passeggiata su un terreno minato. Ogni forma di dubbio o approccio razionale (come questo nostro articolo) viene visto dai credenti come un’offesa, una mancanza di rispetto. Si preferisce commuovere invece che informare e spiegare.

Concludendo

Non sta a noi certificare o meno miracoli, ma la nostra missione è portarvi a riflettere, farvi domande, e speriamo anche oggi di averlo fatto in maniera rispettosa ma comunque razionale. Crediamo sia fondamentale distinguere tra racconto religioso e fatti confermati.

L’obiettivo di BUTAC non è il mancare di rispetto a chi crede in una religione, ma offrire strumenti per comprendere, distinguere, riflettere. Speriamo di averlo fatto anche oggi, crediamo infatti che non ci sia nulla di offensivo nel farsi domande.

maicolengel at butac punto it

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