La cannabis, il sonno e le apnee notturne

La cannabis, il sonno e le apnee notturne
Tempo di lettura: 13 minuti

La rubrica sulla Cannabis Terapeutica di Fuoriluogo.it

Numero 85 – Maggio 2025
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A cura di Francesco Crestani
Associazione Cannabis Terapeutica
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ADHD e dolore associati: non miglioramenti dell’ADHD

Scienziati di New York hanno studiato per dodici mesi 223 pazienti con dolore cronico associato ad ADHD, per determinare su l’uso di cannabis terapeutica potesse mitigare anche i sintomi del Disturbo da deficit di attenzione/iperattività. In particolare hanno verificato se l’uso di Cannabis medica (MC) – rispetto a nessun uso – e MC ad alto contenuto di THC – rispetto a basso contenuto di THC – fosse associato a una variazione dei sintomi dell’ADHD dal basale al follow-up a intervalli trimestrali. L’uso di MC non è stato associato a cambiamenti nei sintomi dell’ADHD né nel campione completo né in quelli con sintomi di ADHD moderati/gravi. Tra i soggetti con sintomi di ADHD lievi/assenti al basale, l’uso di MC ad alto contenuto di THC (rispetto a quello a basso contenuto di THC) è stato associato a una riduzione dei sintomi dell’ADHD. Hanno concluso che “i risultati nulli tra i partecipanti con sintomi di ADHD moderati/gravi suggeriscono che è improbabile che la cannabis sia un buon trattamento per l’ADHD. I risultati preliminari nei soggetti con sintomi di ADHD lievi devono essere interpretati con cautela, dato il campione ridotto, il risultato modesto e il fatto che tutti i partecipanti presentavano dolore cronico. Questi risultati potrebbero attenuare l’entusiasmo per la cannabis come trattamento per l’ADHD, ma ulteriori studi su campioni più ampi e generalizzabili potrebbero essere giustificati.”
https://journals.sagepub.com/doi/10.1177/10870547251336841

Ansia e sonno negli anziani

Florida: l’uso di cannabis negli anziani migliora l’ansia e il sonno. Gli anziani rappresentano la fascia demografica in più rapida crescita tra i consumatori di cannabis e ne sostengono l’uso per una serie di motivi, tra cui la modulazione del dolore cronico, dei sintomi di salute mentale e dei disturbi del sonno. In questo studio sono stati analizzati 106 anziani. I risultati forniscono evidenza di miglioramenti momentanei nel dolore, nell’ansia, nella depressione e di benefici indiretti per la qualità del sonno.
https://www.tandfonline.com/doi/full/10.1080/00332747.2025.2484827

A proposito di anziani, uso tra i veterani

In questo studio sono stati intervistati adulti di età compresa tra 65 e 84 anni, che hanno usufruito delle cure della Veterans Health Administration americana. Dei 4503 partecipanti il 58,2% aveva fatto uso di cannabis, il 28,9% dei quali ha riferito di fare uso di cannabis per ragioni mediche, più comunemente per il dolore, l’umore o la salute mentale e il sonno.
https://jamanetwork.com/journals/jamanetworkopen/fullarticle/2833976

Il THC puro sintetico nell’obesità: studio negativo

Studi epidemiologici hanno evidenziato una minore prevalenza di obesità tra le persone che fanno uso di cannabis. Inoltre, il sistema endocannabinoide è riconosciuto come potenziale bersaglio per il trattamento dell’obesità e l’agonismo parziale del recettore dei cannabinoidi di tipo 1) può ridurre il peso corporeo. Per questo diciotto pazienti sono stati valutati con uno studio in doppio cieco contro placebo usando nabilone, THC puro sintetico. Lo studio è stato interrotto anticipatamente a causa della scarsa tollerabilità del farmaco. I risultati preliminari suggeriscono un possibile impatto del nabilone sul microbioma intestinale.
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/40353878/

Il CBD causa tachicardia e vomito? Caso clinico (dubbio)

Autori giapponesi riportano il caso di un ragazzo di 26 anni in buona salute che dopo l’assunzione di una caramella con 40 mg di CBD è stato portato in Pronto Soccorso con nausea, vomito, tachicardia, acidosi e alterazioni dell’eletrocardiogramma, sintomi risolti spontaneamente dopo un’ora e mezza. In letteratura sono presenti solo altri due casi di intossicazione da caramelle gommose al CBD: il primo caso ha assunto 370 mg di caramelle gommose al CBD e ha mostrato una frequenza cardiaca di 45 battiti/minuto, bradicardia, depressione respiratoria e lieve acidosi lattica; il secondo paziente ha ingerito 1600 mg di caramelle gommose al CBD e ha mostrato una frequenza cardiaca di 165 battiti/minuto, tachicardia, acidosi lattica. Scrivo gli autori:” La pianta di cannabis è nota come bioaccumulatore, il che significa che i prodotti a base di CBD, che includono i contaminanti nel terreno, contengono una varietà di sostanze non CBD. È stato segnalato che i prodotti a base di CBD contengono vari contaminanti. Metalli pesanti sono stati rilevati nel 25,7% dei prodotti, solventi residui nell’89,6% e pesticidi nel 12,9% . Inoltre, uno studio separato ha dimostrato per la prima volta la presenza di esteri ftalici, sostanze chimiche interferenti endocrine, nel 13-80% dei prodotti. Come dimostra questo, possono verificarsi sintomi inaspettati non dovuti al CBD. In Europa e negli Stati Uniti, è disponibile un preparato a base di CBD chiamato epidiolex® per la sindrome di Lennox-Gastaut e la sindrome di Dravet. Non è stato segnalato che causi acidosi lattica o tachicardia e i sintomi in questo caso potrebbero essere stati causati da qualche altro contaminante piuttosto che dal CBD. Inoltre, un limite fondamentale di questo studio è l’impossibilità di escludere definitivamente l’assunzione di altre sostanze o di confermare l’esatta composizione del prodotto a base di CBD, poiché non è stato possibile eseguire né l’analisi del prodotto né le misurazioni della concentrazione nel sangue a causa delle limitazioni delle strutture ospedaliere e dei finanziamenti.”
https://pmc.ncbi.nlm.nih.gov/articles/PMC12063112/

Sopravvissute al cancro al seno

Israele: le partecipanti a questo studio erano pazienti di età compresa tra 30 e 75 anni, con diagnosi di cancro al seno in stadio 1-3 e a cui era stata prescritta cannabis terapeutica. Le pazienti sono state incluse se avevano completato la chemioterapia almeno 6 mesi prima dell’ingresso nello studio e non avevano manifestato recidiva di malattia durante il follow-up. Le pazienti sono state intervistate telefonicamente in merito ai modelli e agli effetti del consumo di cannabis. Al momento dell’intervista, tutte le pazienti hanno aumentato la loro dose di cannabis da 20 grammi al mese a una media di 47,6 grammi al mese. Gli effetti positivi riportati sono stati un miglioramento dell’umore (76%), del sonno (62%), del dolore (52%), della neuropatia (29%) e dell’appetito (5%). Gli effetti avversi sono stati aumento dell’appetito (10%), sonnolenza (10%), effetti avversi cognitivi (10%), nausea (5%), effetti avversi sull’umore (5%) e problemi di andatura (5%). Sei pazienti (29%) hanno dichiarato di essere dipendenti dalla cannabis. Gli autori concludono che in questa coorte, l’uso prolungato di cannabis è stato associato a effetti avversi, incrementi di dose e rischio di dipendenza. Ma, si ribadisce, si trattava di numero esiguo di persone.
https://journals.sagepub.com/doi/10.1177/10781552251340329

Uso di cannabis e interventi al fegato/pancreas: nessuna interferenza

Studiosi del New Mexico hanno voluto determinare gli effetti del consumo di cannabis sui risultati perioperatori dopo un intervento chirurgico epatobiliare e pancreatico. Lo studio di 191.315 cartelle cliniche ha dimostrato che non vi è alcuna differenza significativa nelle principali complicanze perioperatorie dopo intervento chirurgico tra i pazienti con disturbo da uso di cannabis. Inoltre, non vi è alcuna differenza significativa nell’utilizzo dei servizi sanitari tra consumatori e non consumatori.
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/40324909/

Interventi al piede

lo scopo di questo studio era di indagare l’associazione tra consumo di cannabis e complicazioni postoperatorie in seguito ad artrodesi della caviglia e del retropiede. L’uso di cannabis da solo non è associato a un rischio più elevato di complicazioni postoperatorie, ma il suo uso concomitante con il tabacco è stato collegato a tassi più elevati di esiti avversi.
https://journals.sagepub.com/doi/10.1177/24730114251328669

Minor infiammazione

In soggetti sani l’uso abituale di cannabis (rispetto al non uso) è associato a una minore infiammazione periferica, (valutata con diverse citochine e una chemiochina) senza differenze nella sensibilità all’insulina. Studio effettuato in Colorado.
https://www.amjmed.com/article/S0002-9343(25)00281-5/abstract

Con la cannabis, meno possibilità di sviluppo di resistenza ai farmaci contro l’HIV

Un problema clinico significativo nell’era della profilassi pre-esposizione (PrEP) è l’aumentata incidenza di mutazioni di resistenza ai farmaci antiretrovirali dell’HIV. L’uso di cannabis è risultato, dopo lo studio su 614 pazienti americani, associato a una minore probabilità di sviluppare resistenza. I risultati sopra riportati potrebbero suggerire un ruolo immunomodulatorio della cannabis.
https://www.degruyterbrill.com/document/doi/10.1515/nipt-2024-0010/html

Rapporto beneficio costo rispetto agli oppioidi

Il dolore cronico non oncologico (CNCP) colpisce un adulto su cinque ed è comunemente gestito con una terapia oppioide a lungo termine. Le preoccupazioni relative ai danni rari ma catastrofici associati agli oppioidi, tra cui overdose e decesso, hanno generato interesse per alternative, tra cui la cannabis; tuttavia, il rapporto costo-efficacia comparativo di queste opzioni di gestione è incerto. Per tali motivi ricercatori canadesi hanno utilizzato i risultati di una meta-analisi di rete di 90 studi randomizzati per confrontare i costi e gli anni di vita aggiustati per la qualità (QALY) tra cannabis terapeutica orale e oppioidi per il CNCP. Il costo medio annuo totale per paziente è stato di $ 1.980 per la cannabis terapeutica orale e di $ 1.851 per gli oppioidi, con una differenza di $ 129. I QALY medi sono stati uguali per la cannabis terapeutica orale e per gli oppioidi. L’uso di oppioidi è associato a overdose non fatale e fatale, mentre la cannabis terapeutica non lo è. I risultati suggeriscono che la cannabis terapeutica come alternativa agli oppioidi per il dolore cronico può conferire benefici simili ai pazienti e può ridurre il rischio di overdose da oppioidi senza aumentare sostanzialmente i costi.
https://www.liebertpub.com/doi/10.1089/can.2024.0120

Metanalisi sul consenso alla cannabis nel cancro

Un crescente numero di evidenze suggerisce che la cannabis possa svolgere un ruolo significativo sia nelle cure palliative oncologiche che come agente anticancerogeno diretto. Questa meta-analisi è stata condotta per determinare il consenso scientifico sulla fattibilità della cannabis terapeutica nel trattamento del cancro. Lo scopo di questa meta-analisi era quello di valutare sistematicamente la letteratura esistente sulla cannabis terapeutica, concentrandosi sul suo potenziale terapeutico, sui profili di sicurezza e sul ruolo nel trattamento del cancro. Lo studio ha sintetizzato i dati provenienti da oltre 10.000 articoli di ricerca sottoposti a revisione paritaria. La meta-analisi, svolta con uno strumento di analisi dei big data, ha rivelato un consenso significativo a favore dell’uso della cannabis terapeutica nelle categorie relative a parametri di salute, trattamenti contro il cancro e dinamiche del cancro. Il sostegno alla cannabis terapeutica è 31,38 volte più forte dell’opposizione. n tutte le categorie esaminate – parametri di salute, trattamenti contro il cancro e dinamiche del cancro – vi è un consenso costante a sostegno del potenziale della cannabis terapeutica. Le proprietà antinfiammatorie della cannabis sono state fortemente supportate, con un robusto consenso che indica che i benefici della cannabis nel ridurre l’infiammazione superano significativamente i potenziali rischi. Si tratta di una scoperta fondamentale, poiché l’infiammazione è un fattore chiave in molte malattie croniche, incluso il cancro. Anche i trattamenti contro il cancro, tra cui chemioterapia, controllo dell’appetito e sollievo dal dolore, hanno indicato un forte supporto all’uso della cannabis come terapia aggiuntiva, sebbene vi sia una certa variabilità nella forza di questo consenso nelle diverse applicazioni. L’analisi ha anche rivelato un supporto particolarmente forte al potenziale della cannabis come agente anticancerogeno. La solida associazione tra cannabis e riduzione della crescita tumorale, così come il suo potenziale di influenzare i processi cancerosi, evidenzia un consenso emergente all’interno della comunità scientifica. “La costante correlazione tra cannabis come coadiuvante palliativo e potenziale agente antitumorale ridefinisce il consenso sulla cannabis come intervento medico” concludono gli autori. In un comunicato stampa di accompagnamento, l’autore principale dello studio ha aggiunto: “Questa è una delle conferme più chiare e significative dell’efficacia della cannabis terapeutica nella cura del cancro che la comunità scientifica abbia mai visto. Ci aspettavamo controversie. Quello che abbiamo trovato è stato un consenso scientifico schiacciante”.
https://pmc.ncbi.nlm.nih.gov/articles/PMC12037605/

https://www.businesswire.com/news/home/20250416912635/en/Cancer-Playbook-Powered-by-Whole-Health-Oncology-Institute-Launches-the-Largest-Meta-Analysis-to-Date-on-Medical-Cannabis-and-Cancer-Symptoms

Artrite reumatoide

Lo studio è stato fatto sui dati del registro nazionale americano dei pazienti ricoverati. I pazienti con AR che facevano uso di cannabis erano 42.415. I pazienti affetti da AR che facevano uso di cannabis presentavano una minore mortalità, depressione, dolore cronico e ansia, ma un rischio maggiore di abuso di oppioidi, nicotina e alcol.
https://pmc.ncbi.nlm.nih.gov/articles/PMC12026033/

Effetti avversi negli anziani

Si tratta di un sondaggio online su pazienti canadesi anziani. Un totale di 1615 anziani ha completato il sondaggio, di cui 503 hanno riferito di fare uso corrente di cannabis e sono stati inclusi in questa analisi. Gli effetti avversi sono stati segnalati da 308 partecipanti (61,2%) e includevano secchezza delle fauci (36,2%), sensazione di euforia (25,9%) ed effetti avversi che hanno avuto un impatto sull’equilibrio (22,1%) e sulla prontezza mentale (20,3%). Rispetto ai partecipanti di età compresa tra 50 e 60 anni, quelli di età pari o superiore a 70 anni avevano minori probabilità di segnalare effetti avversi o effetti avversi che hanno avuto un impatto sulla prontezza mentale.
https://link.springer.com/article/10.1007/s40266-025-01206-4

CBD e Parkinson, migliora le funzioni cognitive: studio controllato

Sessanta pazienti tailandesi con Sindrome di Parkinson sono stati randomizzati in gruppi CBD (n = 30) o placebo (n = 30). Il gruppo CBD ha ricevuto un prodotto arricchito con CBD sublinguale (101,9 mg/ml di CBD, 4,8 mg/ml di tetraidrocannabinolo [THC]). La dose media di CBD era di 26 mg/giorno e quella di THC era di 1,2 mg/giorno. In questo studio di 12 settimane, 26 mg/die di CBD sublinguale si sono dimostrati sicuri, senza effetti avversi sui sintomi motori, cognitivi o affettivi nei pazienti con PD, e hanno migliorato i punteggi delle funzioni cognitive.
https://www.prd-journal.com/article/S1353-8020(25)00582-6/abstract

Autogestione dell’endometriosi

Un sondaggio online è stato distribuito in Germania, Austria e Svizzera, rivolto a donne di età pari o superiore a 18 anni con diagnosi di endometriosi. Il sondaggio ha raccolto informazioni sulle strategie di autogestione (farmacologiche e non farmacologiche) impiegate dalle intervistate nei sei mesi precedenti, inclusa la loro frequenza, i motivi del non utilizzo, l’efficacia autovalutata e l’impatto sulla riduzione dei farmaci correlati all’endometriosi. Delle 912 risposte valide, il 75,4% ha riferito di utilizzare strategie di autogestione, con le più diffuse riposo (91,6%), calore (91,1%) ed esercizio fisico (63,3%). Le tecniche più apprezzate in termini di efficacia nella riduzione del dolore sono state cannabis, osteopatia, calore e alcol, con punteggi medi di efficacia rispettivamente di 8,0, 7,3, 7,1 e 6,8 sulla Scala di Valutazione Numerica.
https://link.springer.com/article/10.1007/s00404-025-08019-1

Epilessia: dati dal Registro Britannico

Lo studio mirava a esaminare le variazioni nelle misure di esito riferite dal paziente (PROM) relative alla qualità della vita (HRQoL) specifiche per l’epilessia e alla salute generale in soggetti con epilessia resistente al trattamento. Sono stati inclusi 134 pazienti. Sono stati registrati miglioramenti dal basale a uno, tre e sei mesi nel questionario della qualità della vita nell’epilessia e in tutti i PROM HRQoL. Quaranta pazienti (29,85%) hanno riportato una differenza minima clinicamente importante nella Qualità della Vita nell’Epilessia-31 a sei mesi. Sono stati segnalati 18 (13,43%) eventi avversi (AE) da 5 pazienti (3,73%), principalmente lievi e moderati. La conclusione è che l’inizio della terapia con cannabis è stato associato a un miglioramento in tutti i PROM. I cannabinoidi sono stati ben tollerati in tutta la coorte. Tuttavia, sono necessari studi clinici randomizzati per determinare il nesso di causalità.
https://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1002/brb3.70490

Sindrome post-traumatica da stress: ancora il Registro Britannico

Questo studio osservazionale ha incluso pazienti con PTSD iscritti al Registro della Cannabis Medica del Regno Unito per almeno 18 mesi. Sono state valutate le variazioni dei sintomi specifici del PTSD, dell’ansia, della qualità del sonno e della qualità di vita correlata alla salute a 1, 3, 6, 12 e 18 mesi. In 269 pazienti, sono stati osservati miglioramenti significativi nei sintomi del PTSD, nell’ansia, nella qualità del sonno e nella qualità di vita correlata alla salute (HRQoL) a tutti i punti di follow-up. Eventi avversi sono stati segnalati da 70 pazienti (26,02%), con insonnia e affaticamento i più comuni.
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/40235073/

Studio controllato sul tremore essenziale: nessun effetto

Il tremore essenziale (TE) è caratterizzato da tremori d’azione spesso invalidanti. Nessun agente farmacologico è stato sviluppato specificamente per il trattamento sintomatico. Rapporti aneddotici descrivono un miglioramento del tremore con la cannabis, ma non esistono prove a supporto di tali affermazioni. E’ stato condotto uno studio pilota, in doppio cieco, controllato con placebo e crossover, su partecipanti affetti da TE per valutare la tollerabilità, la sicurezza e l’efficacia di Tilray TN-CT120 LM, una formulazione orale di grado farmaceutico contenente 5 mg di tetraidrocannabinolo (THC) e 100 mg di cannabidiolo (CBD). Tra i tredici partecipanti sottoposti a screening, sette sono risultati idonei e sono stati arruolati. Cinque hanno completato tutte le visite; uno si è ritirato a seguito di un evento avverso grave e un altro non ha tollerato la dose più bassa. Le analisi effettuate sui sei partecipanti rimasti non hanno rivelato effetti significativi sugli endpoint primari o secondari, sebbene gli autori stessi dichiarino che i dati siano “preliminari a causa delle ridotte dimensioni del campione”.
https://pmc.ncbi.nlm.nih.gov/articles/PMC12005140/

Apnee notturne

Si tratta del più ampio studio mai condotto per valutare l’uso di cannabis nei pazienti affetti da apnea notturna ostruttiva, ed è stato condotto nel Minnesota. I dati forniti dai ricercatori del Minnesota Office of Cannabis Management dimostrano che il quaranta percento dei pazienti affetti da apnea notturna iscritti al programma di accesso alla cannabis del Minnesota ha riscontrato miglioramenti significativi e duraturi nel sonno in seguito all’uso di prodotti a base di cannabis terapeutica. I ricercatori statali hanno analizzato i dati di 3.102 pazienti con apnea notturna ostruttiva (OSA) al primo approccio. Il 40% dei pazienti “ha riscontrato un miglioramento significativo del sonno entro quattro mesi dall’inizio del trattamento ed è stato in grado di mantenere tale miglioramento per altri quattro mesi”. Oltre la metà di coloro che hanno manifestato affaticamento da moderato a grave al momento dell’arruolamento ha riportato anche miglioramenti significativi dei sintomi.”Questi numeri mostrano cambiamenti significativi nei disturbi del sonno e nell’affaticamento nei pazienti dopo aver iniziato ad assumere cannabis terapeutica”, ha affermato Grace Christensen, ricercatrice senior dell’OCM. “L’apnea notturna ostruttiva può influire sulla salute mentale e fisica del paziente, quindi aiutare i pazienti a trattare i loro sintomi può avere un impatto olistico sul loro benessere”. Oltre un terzo dei pazienti affetti da OSA che hanno segnalato sintomi di depressione o ansia al momento dell’arruolamento hanno anche riconosciuto miglioramenti nella salute mentale in seguito al trattamento con cannabis. L’effetto collaterale più comune era la secchezza delle fauci. Nel 2018, gli enti regolatori del Minnesota hanno aggiunto l’apnea notturna ostruttiva al programma di cannabis terapeutica come condizione qualificante.
https://mn.gov/ocm/assets/Obstructive_Sleep_Apnea_Report_2025_tcm1202-683956.pdf

La cannabis non influisce sulla motilità degli spermatozoi

Secondo i dati pubblicati sulla rivista scientifica Andrology, gli uomini che fanno uso di cannabis non hanno una conta spermatica inferiore. I ricercatori affiliati alla Facoltà di Sanità Pubblica della Boston University hanno valutato campioni di sperma di una coorte rappresentativa di 921 soggetti maschi, il 23 percento dei quali consumava cannabis. I ricercatori non hanno rilevato differenze significative nella concentrazione, nel volume o nella motilità degli spermatozoi nei consumatori di cannabis rispetto ai non consumatori.
https://onlinelibrary.wiley.com/doi/abs/10.1111/andr.70056

Pochi cambiamenti nelle funzioni cognitive con la cannabis terapeutica

Ricercatori australiani hanno valutato gli effetti acuti della cannabis vaporizzata o dell’ingestione di olio di cannabis sulle funzioni cognitive rilevanti per la guida in una coorte di 78 pazienti. (I medici australiani possono prescrivere prodotti a base di cannabis a pazienti che non rispondono ai trattamenti convenzionali su prescrizione.) Le prestazioni dei partecipanti sono state valutate all’inizio e poi nuovamente 15 minuti dopo la vaporizzazione di cannabis in foglie e 90 minuti dopo l’ingestione di olio di cannabis. I soggetti hanno mostrato tolleranza agli effetti acuti del dosaggio di cannabis. Nello specifico, il consumo di cannabis da parte dei partecipanti “non ha influenzato in modo misurabile la velocità di elaborazione delle informazioni, l’attenzione divisa e sostenuta o le prestazioni di controllo inibitorio”. Al contrario, i ricercatori hanno riferito che la cannabis può influenzare negativamente la “flessibilità mentale” (la capacità di cambiare focus attentivo) e le capacità di “attenzione visuo-motoria” dei pazienti. Tuttavia, i ricercatori hanno affermato che non è chiaro “se tali cambiamenti si tradurranno in alterazioni funzionali temporanee della capacità di guida”. Gli autori dello studio hanno concluso: “L’assenza di cambiamenti misurabili in molteplici parametri di elaborazione dell’attenzione, tempo di reazione e semplice velocità di elaborazione delle informazioni suggerisce che la tolleranza al THC potrebbe mediare i noti effetti acuti della cannabis sulla funzione neurocognitiva nei pazienti che assumono cannabis per uso medico. … Poiché l’uso di cannabis per uso medico continua a espandersi a livello globale, la ricerca che indaga gli effetti acuti del THC prescritto rimane una priorità assoluta”.
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/40299776/

Epidiolex (CBD) riduce l’epilessia

Secondo i dati dello studio pubblicato sulla rivista Epilepsy & Behavior, quasi la metà dei pazienti pediatrici a cui è stato prescritto il CBD sotto forma di Epidiolex ottiene una riduzione delle crisi epilettiche pari o inferiore al 25 percento. I ricercatori affiliati alla Facoltà di Medicina della Tulane University hanno valutato l’uso aggiuntivo di Epidiolex in 208 pazienti affetti da epilessia infantile resistente al trattamento. I ricercatori hanno riportato una significativa riduzione della frequenza delle crisi in tutte le categorie diagnostiche, con una riduzione mediana complessiva delle crisi mensili da 30 a otto. Il 49% dei pazienti ha sperimentato una riduzione superiore al 25% della frequenza delle crisi a seguito del trattamento con CBD. Il 21% dei partecipanti ha sperimentato una riduzione delle crisi dal 51 al 75%.”Il nostro studio dimostra che il cannabidiolo offre benefici significativi nel ridurre la frequenza delle crisi in una varietà di eziologie epilettiche in pazienti pediatrici con epilessia refrattaria ai farmaci”, hanno concluso gli autori dello studio. “Sebbene l’efficacia del CBD in condizioni come la sindrome di Lennox-Gastaut e la sindrome di Dravet sia ben documentata, i nostri risultati sottolineano il più ampio potenziale del CBD nella gestione di altri tipi di encefalopatie epilettiche e dello sviluppo (DEE), epilessia focale/multifocale ed epilessia primaria generalizzata”.
https://www.epilepsybehavior.com/article/S1525-5050(25)00165-9/abstract

Riduzione del dolore con CBD

Ricercatori affiliati all’Alabama College of Osteopathic Medicine hanno valutato l’efficacia del CBD in 121 pazienti affetti da dolore cronico. I partecipanti hanno valutato il loro dolore all’inizio e dopo il trattamento con CBD su una scala da zero (nessun dolore) a 10 (il dolore peggiore mai provato). Oltre il 98% degli intervistati ha segnalato un’attenuazione del dolore dopo l’uso di CBD. In media, il dolore basale dei pazienti è diminuito di 2,6 punti su una scala di valutazione numerica a 10 punti. La maggior parte dei partecipanti (55%) non ha riportato effetti collaterali avversi dal trattamento con CBD. I ricercatori hanno riferito: “Il CBD ha dimostrato efficacia nel trattamento del dolore cronico nei partecipanti allo studio, indipendentemente dalla causa. Oltre il 98% dei partecipanti ha riferito un miglioramento, in una certa misura, del dolore cronico, che va da una minima riduzione del dolore (ovvero 1/10) alla completa risoluzione del dolore cronico (ovvero 10/10), grazie al trattamento con CBD”. Gli autori dello studio concludono: “I risultati dell’attuale progetto indicano che la maggior parte dei partecipanti ritiene che il proprio dolore cronico sia migliorato con l’uso di un integratore di CBD. La maggior parte dei soggetti ha utilizzato il CBD da una a tre volte al giorno, e molti hanno trovato sollievo con una dose pari o inferiore a 100 mg. Inoltre, la maggior parte degli intervistati ha riscontrato lievi effetti collaterali o nessun effetto collaterale. Nel complesso, questi risultati possono essere confortanti per le persone preoccupate dall’assunzione di antidolorifici troppo frequentemente, a dosi elevate o per i relativi effetti avversi. Sebbene la nostra ricerca non sia certamente esaustiva, è una chiara indicazione che esiste la possibilità di grandi benefici del trattamento con CBD nel trattamento del dolore cronico”.
https://pmc.ncbi.nlm.nih.gov/articles/PMC11973414/

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