I rifiuti campani che scuotono il governo tunisino

I rifiuti campani che scuotono il governo tunisino
C’è un caso che sta scuotendo la politica tunisina. Ha portato all’arresto del ministro dell’ambiente, Moustafà Aroui, e di altre dodici persone. Undici sono finite sotto inchiesta. Al centro della vicenda, un carico di rifiuti partito da un piccolo comune del salernitano, Polla, e su cui sta indagando anche la procura di Salerno. La regione Campania ha inviato ai magistrati il fascicolo contenente le autorizzazioni agli spostamenti dei container, poi sequestrati nel porto di Sousse, in Tunisia. Dall’altro le autorità tunisine, secondo le quali circa seimila tonnellate di spazzatura dovrebbero essere riportate allo scalo di partenza, quello di Salerno o Napoli.

Una vicenda complessa che nasce da una necessità evidente: trovare all’estero quei siti di smaltimento che sono insufficienti in Italia. La Tunisia sta indagando sulla composizione dei materiali esportati dall’Italia, ma anche sul modo in cui sono state concesse le autorizzazioni. Capire come siano andate le cose non è facile: dal Paese d’oltremare arrivano notizie frammentarie e spesso confuse.

Le autorizzazioni contestate 

È certo, però, che la Regione Campania ha autorizzato ad aprile del 2020 la Sra srl di Polla a spedire 12 mila tonnellate di rifiuti speciali non pericolosi (codice 19.12.12) alla Soreplast Suaral di Sousse, e ha giudicato congrua la fideiussione di 3 milioni e 360 mila euro stipulata dall’azienda in favore del ministero dell’ambiente. I legali dell’impresa, Giorgio e Francesco Avagliano, sottolineano che i primi settanta container sono arrivati regolarmente e che la percentuale di rifiuto recuperato è stata molto alta: 1.841,833 tonnellate, ovvero oltre il 93 per cento del carico.

Rifiuti la cui movimentazione non è vietata, ma che secondo il deputato tunisino Majdi Karbai non possono entrare in Tunisia perché il Paese non ha impianti adeguati per lavorarli

Poi qualcosa non ha funzionato in Tunisia, dove Majdi Karbai, deputato dell’Attayar democratico, partito dell’opposizione tunisina, racconta come sia nata l’inchiesta: “Tutto è partito da una trasmissione televisiva tunisina che si chiama Le quattro verità. I giornalisti avevano notato un contratto tra una ditta tunisina, la Soreplast, e un’impresa italiana, la società Sviluppo risorse ambientali di Polla, nel salernitano, che avrebbe dovuto esportare materiali plastici da riciclare. I giornalisti hanno filmato il carico e le immagini trasmesse in tv, mostrano chiaramente che non si tratta di plastiche, come era stato detto fino a quel momento ai tunisini, ma di rifiuti urbani”.

In realtà, però, la Regione ha autorizzato il trasporto di rifiuti con il codice 19.12.12 cioè “altri rifiuti (compresi materiali misti) prodotti dal trattamento meccanico dei rifiuti, diversi da quelli di cui alla voce 19.12.11”. Si tratta in sostanza di rifiuti urbani lavorati dagli impianti specializzati, ad esempio in Campania da impianto di selezione quella che indica “Categorie di rifiuti che richiedono un esame speciale”. Rifiuti la cui movimentazione non è vietata, ma che secondo Majdi Karbai non possono entrare in Tunisia perché il Paese non ha impianti adeguati per lavorarli.

Dal canto suo la S.r.a. Srl raccoglie e lavora in proprio i materiali provenienti dalla raccolta differenziata sia di alcuni comuni del Salernitano, ma anche rifiuti, come gli imballaggi provenienti da piccole imprese ed esercizi commerciali, ed è già stata autorizzata dalla Regione Campania a esportare container verso altri Paesi, tra i quali, ad esempio, la Lettonia.

Il contenuto dei contaneir

Che cosa c’è nei 212 container ora bloccati nel porto di Sousse? Le autorità tunisine non hanno finora fornito risposte precise anche se, come si capisce da alcune foto mostrate alla stampa tunisina, alcuni di essi sono già stati aperti e questo secondo i legali della Sra, rappresenta un grave problema, perché le operazioni sono avvenute senza contraddittorio. Secondo Majdi Karbai, invece, le analisi avrebbero dimostrato che si tratta di materiali che comprendono alte quantità di piombo e di mercurio. Ma agli italiani non è mai stato comunicato nulla di ufficiale. La ditta ha inviato molte lettere e sollecitazioni a tutte le autorità coinvolte, dalla Regione al Ministero dell’Ambiente, perché la Tunisia autorizzi delle perizie alla presenza dei rappresentanti dell’azienda, anche se, si sottolinea, i container sono esposti ormai da mesi alle intemperie e all’umidità.

Nell’inchiesta che ha portato all’arresto del ministro dell’ambiente della Tunisia si sostiene che firme e timbri provengono da persone che non avevano alcuna autorità in merito

La vicenda, però, ruota anche intorno a un altro, inquietante, interrogativo: come si è arrivati in Tunisia all’autorizzazione per l’arrivo dei container? Nell’inchiesta che ha portato all’arresto del ministro dell’ambiente si sostiene che firme e timbri provengono da persone che non avevano alcuna autorità in merito. Spiega Karbai: “La regione Campania doveva contattare il focal point di Basilea come è necessario fare quando si portano i rifiuti fuori regione e invece ha chiesto le autorizzazioni all’agenzia per la promozione dell’ industria che ha detto di rivolgersi all’agenzia nazionale per la gestione dei rifiuti. A questo punto gli italiani hanno chiesto informazioni al console tunisino a Napoli e, da quello che mi è stato riferito, lui ha confermato che questa era la strada giusta. Ma la persona con cui sono entrati in comunicazione gli italiani è poi stata arrestata perché ha dato il consenso senza averne il potere”.

La regione Campania, dal canto suo, ha fornito un’articolata risposta alla consigliera regionale Mari Muscarà, che da mesi segue la vicenda, e ha spiegato che la direzione regionale dell’Anged (Agenzia nazionale per la gestione dei rifiuti tunisina) ha autorizzato la Soreplast (la ditta cui la Sra ha affidato i carichi) a recuperare i rifiuti. Non solo. La Regione ha richiesto chiarimenti anche al consolato tunisino di Napoli e questo ha confermato che l’autorità competente fosse proprio l’Anged e dopo la conferma arrivata dal consolato, la Campania ha autorizzato i trasferimenti.  Ma qualche mese dopo a Tunisi è scoppiato lo scandalo e sono arrivati gli arresti.

Indagini e ricorsi

Il 29 dicembre, a quanto dice la Regione nella risposta a una seconda interrogazione della consigliera Muscarà, Palazzo Santa Lucia ha inviato il fascicolo alla magistratura italiana. S’indaga, dunque sulle due sponde del Mediterraneo e quello che doveva essere un buon affare, rifiuti smaltiti a 48 euro a tonnellata più 70 euro di trasporto invece che a 150 (questi sono i prezzi correnti in Italia), si sta risolvendo in una grande perdita per la Sra che rischia di perdere la fideiussione. La Regione ha dato novanta giorni alla ditta per far tornare indietro i container. Contro la decisione la ditta ha presentato ricorso al Tar che si pronuncerà a febbraio. Sostengono i legali dell’impresa: “La Sra Srl avendo fornito tutta la documentazione inerente la legittimità del proprio operato, riversa le responsabilità alla sola Tunisia del mancato recupero e smaltimento dei rifiuti sul porto di Sousse. È un Paese che per problemi interni vuol far ricadere sull’Italia un rientro di rifiuti perfettamente legale ed autorizzato dalle stesse autorità tunisine”.

“È un Paese che per problemi interni vuol far ricadere sull’Italia un rientro di rifiuti perfettamente legale ed autorizzato dalle stesse autorità tunisine” Giorgio e Francesco Avagliano – legali della Sra Srl di Polla 

Per il momento una sola cosa è certa: i rifiuti campani continuano a girare il mondo provocando spese enormi alle casse pubbliche e ai governi di diversi Paesi e da mesi anche in Bulgaria si indaga sui rifiuti inviati da un’altra ditta e anche là il ministro dell’ambiente è stato costretto alle dimissioni.

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