Giustizia minorile al bivio: un appello per difendere diritti e futuro
Il sistema italiano di giustizia minorile, un tempo modello riconosciuto a livello internazionale per l’approccio educativo e la centralità del recupero del minore, è oggi al centro di una grave regressione. È questo il grido d’allarme lanciato da un’ampia rete di associazioni, enti e garanti dei diritti con l’Appello urgente per la giustizia minorile italiana, promosso da Antigone, Defence for Children Italia e Libera. Forum Droghe e Fuoriluogo hanno deciso di aderire a questo appello, condividendone la preoccupazione per una deriva che rischia di cancellare decenni di conquiste civili e giuridiche.
Dal codice di procedura penale minorile del 1988, capace di anticipare la Convenzione ONU sui diritti del fanciullo, fino alla costruzione di un sistema incentrato sulla personalizzazione degli interventi e sulla marginalità della risposta detentiva, il percorso della giustizia minorile in Italia si è storicamente distinto per umanità ed efficacia. Oggi, però, si registra un allarmante arretramento. Dal settembre 2023, con l’entrata in vigore del cosiddetto Decreto Caivano, si è assistito a una crescita vertiginosa dei numeri della detenzione minorile: dai 392 giovani presenti negli Istituti Penali per Minorenni (Ipm) all’insediamento dell’attuale governo, si è passati a 611 presenze al 30 aprile 2025, con un aumento del 55%.
Un dato tanto più drammatico se si considera che nel 2023 le segnalazioni a carico di minorenni sono diminuite del 4,15%. Non c’è dunque un’emergenza criminalità minorile: la risposta carceraria si sta invece facendo sempre più automatica, sempre meno giustificata e sempre più scollegata da un disegno educativo. Il trasferimento coatto nei carceri per adulti di giovani che hanno commesso reati da minorenni e la trasformazione di sezioni penitenziarie per adulti – come nel caso della Dozza di Bologna – in surreali “Ipm intrappolati nei penitenziari” sono segnali inequivocabili di un cambio di paradigma.
Il sovraffollamento tocca oggi 9 Ipm su 17, con picchi che sfiorano il doppio della capienza, come a Treviso, o superano il 150%, come a Milano e Cagliari. In queste condizioni, l’accesso a scuola, attività ricreative e percorsi individualizzati è spesso inesistente. La metà dei detenuti sono minorenni stranieri non accompagnati, spesso trattati unicamente con psicofarmaci, in assenza di reali interventi culturali, educativi o terapeutici. Le proteste dei ragazzi restano inascoltate e si risponde con punizioni e nuove chiusure. Il nuovo reato di “rivolta penitenziaria” rischia infine di prolungare ulteriormente il tempo della detenzione, criminalizzando la sofferenza.
Contro tutto questo, l’appello lancia una serie di richieste chiare e urgenti: l’abolizione del Decreto Caivano, la chiusura immediata dell’Ipm nella Dozza, l’abolizione dell’isolamento disciplinare, l’applicazione della sentenza della Corte Costituzionale n. 10/2024 sull’affettività in carcere, il potenziamento dei percorsi formativi e scolastici, l’assunzione di educatori e mediatori culturali, e un piano educativo individualizzato per ogni minore detenuto. A ciò si aggiunge la necessità di rafforzare i meccanismi di monitoraggio indipendente delle condizioni di detenzione.
Forum Droghe e Fuoriluogo si uniscono all’appello perché credono che la risposta dello Stato alle fragilità giovanili non possa essere l’incarcerazione, ma un progetto educativo fondato sulla cura, sulla responsabilizzazione e sulla possibilità di cambiare. Ogni adolescente, anche autore di reato, è una persona in divenire: abbandonarlo dietro le sbarre, privo di orizzonte, significa rinunciare a un futuro di giustizia e di civiltà.
Per leggere l’appello e aderire: vai all’appello.
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