Cannabis all’ONU, l’ora della verità
C’è chi l’ha definito una prima resa dei conti. Chi un appuntamento spartiacque. Perché indipendentemente dall’esito, quello del 2 dicembre è un appuntamento con la storia: finora la Commissione narcotici dell’Onu (Cnd) ha votato solo per inserire nuove sostanze nelle tabelle degli stupefacenti. Mentre il 2 dicembre dovrà decidere se rimuoverle.
Cannabis, le raccomandazioni dell’OMS
«Dopo il rinvio del marzo scorso, le nostre nuove raccomandazioni sulla cannabis verranno votate a Vienna la prima settimana di dicembre», spiega dal quartier generale dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) di Ginevra, il coordinatore del gruppo Politiche, accesso e uso di farmaci essenziali e prodotti sanitari, Gilles Bernard Forte. «Si chiuderà così – aggiunge – un dibattito tra noi e gli Stati membri della Commissione narcotici dell’Onu (Cnd) che va avanti ormai da 2 anni». Oggetto del contendere? Una pianta. Quella che comunemente chiamiamo marijuana. La massima autorità sanitaria mondiale chiede alle nazioni che hanno sottoscritto i trattati internazionali delle Nazioni Unite sul controllo delle droghe (quasi la totalità di quelle esistenti) una modifica dello status della cannabis. Tra le raccomandazioni dell’Oms, «basate sulla revisione di tutte le più recenti ricerche scientifiche», puntualizza ancora Forte da Ginevra, c’è innanzitutto una parziale declassificazione della cannabis. Così da riconoscerne le «proprietà terapeutiche» e il «basso rischio di abuso». Per alcune preparazioni mediche ad alto contenuto di Thc (il principale componente psicoattivo della pianta), come estratti e tinture, la richiesta di inserimento nella tabella delle sostanze «che non inducono abuso o effetti nocivi». Del resto, nella sua storia millenaria, la marijuana non ha mai ucciso nessuno. Infine, la raccomandazione forse più dirompente e spinosa dell’Oms: quella sul Cbd, il componente predominante della cosiddetta cannabis light. «Il nostro comitato di esperti – chiarisce Forte – è giunto alla conclusione che il Cbd non è una sostanza psicoattiva. Di conseguenza, non dovrebbe essere più sottoposta ad alcun controllo internazionale». A dirlo chiaro e tondo, la massima autorità sanitaria mondiale. Che alla Commissione narcotici Onu invia le sue raccomandazioni, ma sono poi gli Stati membri a doversi accordare per accettarle o rifiutarle. Sul Cbd, la trattativa sotterranea (per non dire lo scontro) è sulla tolleranza massima ammessa di Thc (il principale componente psicoattivo della pianta) che possono contenere i prodotti derivati finali. «Se noi diciamo 0,2% – rivela ancora da Ginevra il coordinatore Politiche, accesso e uso di farmaci essenziali e prodotti sanitari dell’Oms – per la Svizzera la soglia deve salire al 2%, mentre per altri Paesi dell’Unione Europea e per gli Stati Uniti va bene lo 0,2% ma solo per le inflorescenze».
Le trattative sulla cannabis alla CND
Il problema, quindi, è far trovare la quadra alle 53 nazioni che a rotazione hanno diritto di voto all’interno dell’organismo centrale del sistema Onu di controllo delle politiche sulle droghe. Nel caso dell’Ue, 12 Paesi su 27 Stati membri, tra i quali fino al 2023 c’è anche l’Italia. «La vera trattativa avviene quindi in riunioni informali o nelle sedi degli organismi internazionali», chiarisce un analista accreditato da tempo a seguire i lavori alla Cnd e per questo preferisce non rivelare il suo nome. Quelle in vista del voto di Vienna previsto il 2 dicembre vanno avanti da mesi. La Commissione Europea vorrebbe ad esempio l’accoglimento delle prime 3 raccomandazioni (come il valore terapeutico della cannabis) ma non di quella sul Cbd entro lo 0,2% di Thc. Partendo da questo, l’Ue cerca l’unanimità dei suoi Stati membri con diritto di voto alla Cnd. Mentre il Consiglio d’Europa (47 nazioni del Vecchio continente, tra cui le 27 dell’Ue) ha tenuto apposite riunioni il 29 ottobre e il 10 novembre: secondo indiscrezioni, alla proposta di approvare almeno le prime 3 raccomandazioni avrebbero posto il veto Bulgaria e Ungheria (quest’ultima con diritto di voto anche alla Cnd dell’Onu). Ecco perché, come avviene anche in altri organismi delle Nazioni Unite nei quali è difficile arrivare all’unanimità, anche alla Cnd il via libera a una risoluzione arriva quasi sempre con la pratica del “consensus”. In pratica, attraverso una dichiarazione del presidente di turno che riconosce l’accordo: nel caso di questa 63esima sessione, l’ambasciatore pachistano in Austria e Slovacchia, Mansoor Ahmad Khan. Una prassi, questa del “consensus”, spesso criticata per la poca trasparenza e l’approdo a contenuti troppo vaghi e di eccessivo compromesso. «Ciascuna decisione concordata – sintetizza ancora l’analista – solitamente si attiene quindi al minimo comune denominatore: quello che meno disturba i più». Raggiungere un accordo comune per superare, o anche solo rendere meno stringenti, quelle convenzioni internazionali Onu sottoscritte oltre mezzo secolo fa, non è quindi per nulla facile.
L’impegno della Società Civile
Indipendentemente da come andrà il voto a Vienna, «dal Lussemburgo alla Sierra Leone, oltre 50 Paesi del mondo hanno approvato o pianificato la creazione di mercati legali della cannabis per usi medici, ricreativi o tradizionali», spiega da Londra l’International drug policy consortium (Idpc), rete internazionale da tempo accreditata alla Commissione narcotici dell’Onu in rappresentanza di 195 Ong sparse per il mondo che mirano a un approccio più pragmatico sul tema (tra le quali l’italiana Forum Droghe).
Quest’anno per la Società Civile non sarà possibile partecipare in presenza al fondamentale appuntamento di metà settimana, ma la mobilitazione di questi mesi ha portato alla presentazione di due documenti agli atti della Commission on Narcotic Drugs, uno di questi co-promosso da Forum Droghe, sottoscritti da centinaia di associazioni di tutto il mondo che chiedono agli stati membri di ascoltare la massima autorità sanitaria mondiale, come normalmente fanno quasi alla lettera su qualsiasi altro argomento.
La diretta da Vienna per il voto sulla Cannabis
Fuoriluogo.it, insieme a tutta la società civile che si è impegnata in questi anni sulla riforma delle politiche sulla cannabis, sarà in diretta sui propri canali social mercoledì 2 dicembre per raccontare cosa succede a Vienna. L’appuntamento è per i due livestreaming che seguiranno le due sessioni della Commission on Narcotic Drugs: la prima partirà alle 11 per concludersi alle 13, la seconda partirà dalle 15 quando probabilmente ci sarà il voto sulla raccomandazione dell’OMS. A seguire commenti e interventi mentre alle 18,30 è previsto un punto sulla sentenza della Corte di Giustizia Europea sul CBD.
L’articolo Cannabis all’ONU, l’ora della verità proviene da Fuoriluogo.