Sostituzione etnica e natalità, la demografa Mencarini: “Meno figli perché più liberi”

Sostituzione etnica e natalità, la demografa Mencarini: “Meno figli perché più liberi”
Il ministro Francesco Lollobrigida parla di “sostituzione etnica” per via del calo della natalità e dell’arrivo di migranti. Il governo, per bocca del ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, pensa a sgravi fiscali per chi fa figli. Letizia Mencarini, professoressa di demografia all’università Bocconi di Milano, getta acqua sul fuoco della presunta emergenza demografica italiana. Le migrazioni sono fondamentali per fare funzionare le società che stanno invecchiando, come quelle europee. “Abbiamo di fronte un Paese molto più vecchio, forse un po’ meno numeroso” dichiara Mercarini, che aggiunge: “I migranti si occupano dei lavori umili in Italia, che comprendono anche servizi di assistenza verso anziani e i più piccoli, come accade con le donne. La demografia del nostro Paese è già un mix di culture. Servono servizi, oltre che incentivi e slogan”. La demografa non è d’accordo con il report dell’agenzia Onu, secondo cui la crescita della popolazione è indice di progresso: bisognerebbe fare attenzione più al benessere generale e all’impatto dell’uomo sulla terra. 

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Esiste un’emergenza demografica nel nostro Paese?

Per la verità non stiamo vivendo un’emergenza particolare, stiamo solo raccogliendo i frutti di un processo che è iniziato negli anni ’80. In Italia, il 1977 è stato l’ultimo anno in cui la generazione dei figli è riuscita a sostituire numericamente la generazione dei genitori, con circa due figli nati per coppia. Dal 1985 in poi, in maniera velocissima, la fecondità italiana è scesa sotto l’1,5 figli per donna, per non tornare mai più a questo livello. Negli anni 60 sono nati più di un milione di bambini, negli anni 90 circa 600.000, mentre i nati dello scorso anno non arrivano neanche a 400.000.

Però secondo l’Istat nel 2022 il numero dei nuovi nati è al minimo storico.

Il dato presentato dall’Istat dipende sia dal numero  di figli che le coppie fanno in un anno, sia dal numero dei potenziali genitori, anch’esso in diminuzione. In altri termini, siccome i potenziali genitori sono in calo dagli anni ’80, anche a fecondità costante si avranno meno nati ogni anno. Ciò significa che non ha senso mettere in croce le coppie di oggi, avremmo dovuto guardare a cosa succedeva alle coppie degli anni ’80, ma non lo abbiamo fatto. 

Perché questo calo è iniziato proprio negli anni ’80?

Soprattutto per l’aumento della scolarizzazione. In quel decennio si è messo in moto un meccanismo per cui non solo si fanno pochi figli, ma si fanno sempre più tardi negli anni: consideri che oggi l’età media per la maternità supera i 32 anni. Dunque, per tornare alla domanda iniziale, non siamo di fronte a un ulteriore calo preoccupante, ma alla stagnazione di una situazione che prosegue da 40 anni, producendo effetti che chiamiamo trappola demografica.

Cioè?

I pochi figli di ieri producono i pochi genitori di oggi, e i pochi genitori di oggi faranno ancora meno bambini. Questo andamento crea effettivamente un grande sbilanciamento tra le generazioni e un invecchiamento del paese. Lo chiamiamo effetto trappola. 

Perché si fanno sempre meno figli?

Diventare genitori è diventato sempre di più una scelta individuale e consapevole. Prima non lo era. Dal mio punto di vista ciò è molto positivo. 

Quindi la ragione è legata solo alla maggiore libertà di scelta?

Nei paesi dove le donne lavorano di più, in Europa, la fecondità è più alta, perché il doppio lavoro nella coppia aiuta a progettare la nascita di un figlio. Ma in queste condizioni è molto più difficile avere anche un secondo o un terzo nato

Ovviamente entrano in gioco anche altri fattori, come l’aumento dell’istruzione e del lavoro per le donne. Nei paesi dove le donne lavorano di più, in Europa, la fecondità è più alta, perché il doppio lavoro nella coppia aiuta a progettare la nascita di un figlio. Ma in queste condizioni è molto più difficile avere anche un secondo o un terzo nato, sia perché si diventa genitori più tardi, sia perché mancano i servizi di supporto. E poi, perché dovremmo fare più figli? Personalmente credo in politiche che aiutino le persone a vivere meglio, riducendo la povertà e le disuguaglianze, e supportino le nuove generazioni nella realizzazione dei loro desideri. 

Quale ruolo hanno le migrazioni nel nostro inverno demografico? Sono d’aiuto?

Molto, perché la nostra popolazione per un po’ di tempo ha continuato a crescere solo grazie al saldo migratorio positivo. Le donne di origine straniera nel 2020 hanno fatto quasi 1,9 figli a testa, molto di più delle italiane, anche perché l’età media per la maternità per loro è di 29 anni. Ma anche questi dati sono in calo. Gli arrivi migratori hanno tamponato la decrescita assoluta per diversi anni, ora non riescono più a farlo perché il numero dei morti sopravanza di così tanto quello delle nascite che il saldo finale dell’anno rimane negativo.

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Quindi ingressi regolari e regolarizzazioni sono positivi anche dal punto di vista demografico?

“Le nuove migrazioni non riusciranno mai a bilanciare il calo demografico. Il problema è lo squilibrio tra generazioni. Se la percentuale di persone anziane diventa troppo grande, pesa sul welfare, sulle famiglie

Dare la possibilità a tutti i bambini nati in Italia, che qui hanno studiato e imparato la lingua, di essere cittadini dalle nostra nazione potrebbe incidere positivamente, ma non a bilanciare il calo demografico. Che poi, perché dovrebbe essere un problema essere 55 milioni anziché 60? Il punto è come funziona la società e, in questo senso, la popolazione straniera è fondamentale per mantenere una società che funziona. L’immigrazione ne fa già parte in maniera fortissima: uno nato su cinque è figlio di stranieri. Il paradosso è che vengono conteggiati solo quando fa comodo. Un altro tipo di ragionamento, invece, è quello che coinvolge le nuove migrazioni, che non riusciranno mai a bilanciare il calo demografico dovuto alla trappola di cui parlavamo prima. Il problema non è di per sé la diminuzione di individui, ma lo squilibrio tra generazioni, come annunciato anche dal primo ministro giapponese lo scorso gennaio. Se la percentuale di persone anziane diventa troppo grande, pesa sul welfare, sulle famiglie, che ora si sobbarcano molto di questo lavoro non retribuito. Come pensiamo che le donne lavorino fino a 70 anni e si occupino anche degli anziani? Con l’aumentare dell’aspettativa di vita, servono servizi di alta qualità, anche domiciliari.

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È corretto preoccuparsi così tanto del calo delle nascite in Italia in un mondo globalizzato? 

Se guardiamo la popolazione globale non esistono immigrati. Rispetto alla terra gli unici immigrati potrebbero essere eventuali popolazioni extraterrestri. Le società però distribuiscono risorse a livello locale, all’interno degli Stati, e questo crea problemi intergenerazionali all’interno delle singole nazioni. 

Secondo l’Onu l’aumento della popolazione è indice di progresso. È d’accordo?

Io non sono molto d’accordo su questo. In un paese povero una fecondità molto alta non aiuta, non è una risorsa. L’esplosione demografica causa pressione sull’ambiente: evidentemente l’Onu non è particolarmente ambientalista! 

Cosa pensa a proposito della proposta di Giorgetti di non far pagare le tasse a chi fa figli?

Pagare tutti le tasse potrebbe essere una soluzione, per avere più soldi nelle casse dello Stato e poter garantire più servizi a chi ne ha bisogno. Sicuramente aiutare le famiglie è importante, ma queste misure devono andare di pari passo con il sostegno al lavoro femminile e con servizi che garantiscano una certezza economica e lavorativa a tutti. È un diritto dei giovani fare figli, ma non lo si tutela dando soldi a pioggia a tutti, semmai con servizi proporzionati al singolo nucleo.

Cosa pensa del timore di una “sostituzione etnica” paventato dal ministro Lollobrigida? 

La storia del mondo è fatta di migrazioni. È sempre stato così: le persone cercano di andare in un luogo che le faccia stare meglio. Prendiamo come esempio la Nigeria, dove la popolazione giovanile è disoccupata al 50 per cento. Chi può, cerca di accedere a condizioni di vita che possano soddisfarlo. I fattori demografici vanno affrontati insieme: calo delle nascite e aiuto ai giovani a realizzare i propri desideri. Poiché la vecchia Europa diventerà piccola rispetto al resto del pianeta, regolarizzare e legalizzare i migranti diventa una soluzione. 

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