Satnam Singh, contro il caporalato la giustizia ha le armi spuntate

Chi ha ucciso Satnam Singh? Un imprenditore dalla “condotta disumana”. E anche “un sistema diffuso, malato e generalizzato nel territorio pontino”. Il giudice delle indagini preliminari Giuseppe Molfese – nell’ordinanza che ha portato in carcere Antonello Lovato, uomo accusato di omicidio doloso per aver abbandonato Satnam Singh e il suo braccio amputato nel cortile della casa in cui abitava con la moglie – spiega meglio di tutti cosa c’è dietro questa storia e ciò che era già accaduto in provincia di Latina prima delle 16 del 17 giugno 2024, ora in cui viene fatto risalire il gravissimo infortunio. Questa non è una tragedia, bensì la tappa finale di un percorso brutale di sfruttamento. Sotto accusa non c’è soltanto un datore di lavoro, ma un sistema economico.

Lavoratori della logistica minacciati in India, sfruttati in Italia. Leggi l’inchiesta

Molte denunce, pochi ispettori

“Il triste decesso del lavoratore indiano potrebbe apparire come conseguenza casuale ed episodica ma…”Giuseppe Molfese – Giudice del Tribunale di Latina

La battaglia contro il caporalato a Latina finora è stata condotta ad armi spuntate, con 22 ispettori del lavoro a fronte di oltre settemila aziende solo nel settore agricolo, 12mila braccianti assunti a tempo e almeno altrettanti irregolari e in nero. Non è vero che ci sono state poche denunce e poche indagini, sono moltissime sia le une, sia le altre, ma l’apparato della giustizia penale e del lavoro non ha retto l’onda d’urto e gli organi ispettivi nemmeno. Ora che un bracciante di soli 31 anni è morto dissanguato perché non soccorso in tempo, sono palesi le smagliature.

E le riassume con chiarezza pungente sempre il gip nell’ordinanza con cui ha disposto l’arresto di Lovato, accusato di omicidio doloso per la morte di Satnam Singh: “Risulta necessario percorrere per singoli spunti investigativi quanto accaduto, delineando, in particolare, le circostanze spazio-temporali e il contesto nel quale è avvenuto l’infortunio sul lavoro. Il triste decesso del lavoratore indiano potrebbe apparire come conseguenza casuale ed episodica ma… proprio alla luce dei frequenti riscontri processuali o esclusivamente investigativi, la provincia di Latina, nelle sue zone agricole, è connotata da numerose aziende che, salve le eccezioni, beneficiano di manodopera a basso costo, offerta da cittadini di nazionalità indiana. La circostanza è confermata dal dato oggettivo che vede Latina, al secondo posto solo dopo Roma, per particolare concentrazione della comunità indiana (circa 13mila). Non vi è dubbio che siano persone stabilmente inserite sul territorio, molto spesso da anni, ma è altresì certo che per condizioni economiche e sociali (solitamente disagiate) si trovino costrette ad accettare posizioni lavorative precarie, senza garanzie contrattuali… in contesti agricoli ove non risultano rispettate le minime e più basilari regole in materia di sicurezza e igiene sui luoghi di lavoro”. Considerazioni oggettive che non sono nuove ma che forse molti non hanno voluto vedere né ammettere.

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Decine di processi

Dal 2014 decine di processi per immigrazione clandestina e sfruttamento sono passati dalle aule del Tribunale di Latina e nella sezione lavoro. Lo spregio dei diritti civili e sindacali inizia prima ancora che i lavoratori stranieri arrivino a Latina. A marzo 2022 la Corte d’assise emette una sentenza pesantissima nei confronti di 35 imprenditori del triangolo Terracina-Fondi-Pontinia per associazione a delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e viene elevata una multa complessiva di 12 milioni di euro. Gli imputati si facevano pagare da immigrati indiani e bengalesi per entrare in Italia nell’ambito dei flussi per lavori di 6 o 9 mesi, poi alla scadenza quei lavoratori rimanevano senza permesso di soggiorno divenendo dei clandestini ed entrando così nel mercato del lavoro nero.

Complici su molti livelli

Tutti sapevano, tutti godevano di una qualche protezione, tutti erano consci del fatto che la si poteva fare franca pur violando regole contrattuali e di sicurezza

A novembre 2023 il gup del Tribunale di Latina rinvia a giudizio quattro persone, tra cui un avvocato e una farmacista di Sabaudia, accusati di aver partecipato a un giro di prescrizioni di farmaci contro i dolori tumorali (il Depalgos, a base di paracetamolo e ossicodone, un oppioide sintetico, ndr) a braccianti indiani quale doping contro la fatica (leggi l’articolo). A gennaio 2019 un’inchiesta, denominata Commodo, svela connivenze con colletti bianchi e persino con un ispettore del lavoro: dagli atti di indagine emerge che la consulente dell’azienda al momento di una ispezione di alcuni mesi prima aveva chiamato un militare del gruppo di ispezione il quale le aveva ribadito che “le cose andavano messe a posto”. In specie dice: “… bisogna dare una raddrizzata… perché se deve dare almeno una parvenza”. Frase profondamente rivelatrice di ciò che accaduto a Latina negli ultimi dieci-quindici anni: tutti sapevano, tutti godevano di una qualche protezione, tutti erano consci del fatto che la si poteva fare franca pur violando regole contrattuali e di sicurezza.

Non ci sono solo gi imprenditori agricoli spietati in questa rete ma anche altre figure, consulenti del lavoro, commercialisti, fiscalisti. E poi c’è il sistema dei controlli per certi versi debole e spesso anche isolato. Quando la stessa inchiesta Commodo svelò lo sfruttamento di decine di lavoratori, si srotolò a latere una vicenda surreale. I lavoratori della cooperativa sotto inchiesta per sfruttamento furono anche i principali accusatori e testimoni di ciò che avveniva, dichiararono che erano senza contratto e l’ispettorato sulla base di quelle dichiarazioni fece una relazione per l’Inps che in quanto irregolari li escludeva dai benefici della disoccupazione determinata dal sequestro dell’azienda! Situazione sanata dopo l’intervento dei sindacati.

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In tribunale, le istituzioni assenti

Le inchieste su immigrazione clandestina e sfruttamento non hanno mai avuto, fino ad oggi, alcuna partecipazione delle istituzioni locali o ministeriali quali parti civili, con una sola eccezione, quella del Comune di Latina in un processo per riduzione in schiavitù di un lavoratore indiano in un’azienda agricola di Borgo Sabotino. L’imprenditrice titolare è stata condannata in primo grado e ha presentato appello, l’amministrazione di Latina sta decidendo in questi giorni se stare in aula anche in secondo grado.

Nei due procedimenti per caporalato già pendenti a carico (tra gli altri) di Renzo Lovato, padre di Antonello Lovato, non ci sono richieste di costituzione di parte civile né dei Comuni interessati (Cisterna di Latina, Latina, Terracina, Sabaudia, San Felice Circeo) né di Inps o Inail, ministero dell’Agricoltura, del Lavoro o Regione Lazio, ossia tutti i soggetti che si sono dichiarati scandalizzati in questi giorni.

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