Riconoscere le vittime dei reati nella Costituzione: una battaglia giusta e necessaria

Riconoscere le vittime dei reati nella Costituzione affinché il “giusto processo” sia tale non solo per l’imputato ma anche per le parti civili, oggi relegate a un ruolo marginale. Si può riassumere così il disegno di legge tarsversale, condiviso da esponenti di partiti diversi, che punta ad aggiungere, dopo il quinto comma dell’articolo 111 della Costituzione italiana, una semplice frase dal peso specifico enorme: “La Repubblica tutela le vittime di reato e le persone danneggiate dal reato”.

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L’iniziativa è nata dal basso, dal Comitato Noi 9 Ottobre che riunisce numerose associazioni di vittime. Nel 2020, durante la ricorrenza della strage del Vajont, la portavoce del Comitato Lucia Vastano ha proposto il ddl per avviare l’iter che porti alla modifica. “C’erano una volta delle famiglie normali, con i loro ritmi, problemi, gioie, progetti e sogni – spiega Vastano a lavialibera –. Poi, un giorno come tanti altri, succede però un evento che non avevano messo in conto, qualcuno di loro si trova nel momento sbagliato nel luogo sbagliato, un monte che si sbriciola ai piedi di una diga (Vajont 1963, 1.910 morti), un ponte che crolla (Genova 2018, 43 morti), un albergo spazzato via da una valanga (Rigopiano 2017, 29 morti), un quartiere che esplode nel cuore della notte (Viareggio 2009, 32 morti), persino una scuola colpita da un aereo militare che precipita senza pilota (Casalecchio di Reno 1990, 12 vittime). Alcuni se ne vanno nel cuore della notte, in un appartamento in affitto o un dormitorio scolastico sbriciolati da un terremoto perché, chi di dovere, non ha rispettato le norme antisismiche; magari succede che un figlio sia uno dei tre morti sul lavoro al giorno, o che un genitore muoia per colpa dell’amianto (6-7mila morti all’anno) con il quale, decenni prima, ha convissuto in fabbrica”.

L’impegno della società civile

“Rispetto alle iniziative del passato – aggiunge Vastano – questa volta la spinta è arrivata dalla società civile. Abbiamo chiesto una mano agli esperti e organizzato una serie di convegni per capire in che modo muoverci, quindi la politica ha accolto la nostra richiesta e sono stati presentati quattro disegni di legge da parte di esponenti di Fratelli d’Italia, Pd, Movimento Cinque Stelle e Alleanza Verdi Sinistra, poi riuniti in un unico ddl, discusso e già approvato dalla Commissione Affari costituzionali del Senato”.

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“Oggi la vittima di reato – aggiunge Vastano – è vista all’interno del processo come la figura che punta solamente a ottenere un risarcimento economico, ma questa è una percezione distorta. Le vittime, i loro familiari, chiedono per prima cosa giustizia, il loro apporto è fondamentale per ricostruire in modo veritiero i fatti. Purtroppo accade spesso che i giudici considerino le vittime quasi un “ostacolo” che rallenta il processo. Chiediamo di modificare la Costituzione perché vogliamo che le vittime, che hanno già sofferto, abbiano il giusto peso e le tutele necessarie durante l’intero percorso giudiziario”.

“Oggi la vittima di reato è vista come la figura che punta solo a ottenere un risarcimento economico, ma questa è una percezione distorta. Le vittime, i loro familiari, chiedono per prima cosa giustizia”

Fra le tante associazioni che condividono il ddl figura anche Libera. “Con la modifica dell’articolo 111 – spiega Daniela Marcone, vicepresidente dell’associazione presieduta da Luigi Ciotti e responsabile del settore Memoria – diamo finalmente centralità alla vittima, non è solo una questione simbolica ma soprattutto culturale. Nei processi penali la costituzione di parte civile garantisce alla vittima una posizione marginale. In sostanza, se non ti costituisci non hai diritto al risarcimento. Devo necessariamente agire e questa è una cosa grave. Libera si è inserita in punta di piedi, ma siamo pronti a sostenere questo percorso. È ora che i movimenti delle vittime siano finalmente ascoltati e sostenuti”.

Una corsa a ostacoli

Per modificare la Costituzione il ddl deve essere approvato dai 2/3 del Senato, quindi il testo passerà alla Camera che dovrà votarlo con la stessa maggioranza. Dopo il via libera della Commissione Affari costituzionali del Sento, si attende ora il parere della Commissione Giustizia, che però tarda ad arrivare. Forza Italia, in particolare, non sembra convinta del disegno di legge, mentre la Lega non si è ancora pronunciata.

Per modificare la Costituzione il ddl deve essere approvato dai 2/3 del Senato, quindi il testo passerà alla Camera che dovrà votarlo con la stessa maggioranza

Felice Casson, ex magistrato e senatore nelle fila del centrosinistra dal 2006 al 2018, già in passato aveva provato a modificare l’articolo 111, ma il testo non aveva fatto molta strada. “Stavolta è diverso – dice a lavialibera – perché c’è stata una convergenza importante. In Commissione Affari costituzionali, infatti, il testo base unitario è stato votato da tutti e questo fa ben sperare. Un testo ottimo perché specifica come sia la Repubblica a tutelare le vittime. Ora si apre la fase degli emendamenti, ma prima serve attendere il parere della Commissione giustizia, che comunque non è vincolante”.

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L’iter di legge sembra essersi incagliato proprio qui. “Forza Italia sta facendo un’opposizione durissima, perché pensa che la modifica andrebbe a incidere in maniera negativa sui diritti degli imputati, ma non è affatto così”. “Purtroppo nei processi – continua Casson – le parti civili sono mal sopportate da certi magistrati, si pensa che facciano perdere tempo, quando invece sono essenziali e per questo devono avere gli stessi diritti degli imputati. Da ex magistrato, posso affermare che nei casi in cui la pubblica accusa è un po’ indolente, la presenza delle associazioni risulta fondamentale”.

E ancora: “Una cosa è certa, la vittima ha meno diritti dell’imputato, basti pensare all’avvocato d’ufficio che è un diritto solo chi è accusato di un reato ma non per la parte lesa. Sia chiara una cosa, qui nessuno vuole toccare i diritti dell’imputato, ma va valorizzata la presenza delle vittime”.

Cosa dice la legislazione europea

In ambito europeo la Decisione quadro del Consiglio dell’Unione (15 marzo 2001) aveva disposto una serie di tutele per la vittima coinvolta in un procedimento penale, fra cui: la possibilità di essere sentita durante il procedimento; l’accesso alle informazioni rilevanti ai fini della tutela dei suoi interessi (tra cui quella al patrocinio gratuito); essere informata, nei casi in cui esista un pericolo per la vittima, del rilascio dell’imputato o della persona condannata; il diritto al rimborso delle spese sostenute a causa della legittima partecipazione al processo; il diritto alla protezione sua, a quella dei suoi familiari e alle persone a essi assimilabili.

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La Decisione quadro è stata sostituita dalla Direttiva 2012/29/UE del parlamento europeo e del Consiglio (25 ottobre 2012), che ha istituito norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato. In particolare – come si legge sul sito della Camera dei deputati – “tra i diritti fondamentali riconosciuti alla vittima vi è in primo luogo quello di ricevere informazioni in modo agevolmente comprensibile sin dal primo contatto con le autorità, al fine di poter prendere parte al procedimento; di conseguenza sarà garantito un servizio di traduzione, nonché di assistenza legale gratuita, per il caso in cui la vittima non possa permettersi un avvocato”.

La direttiva prevede, inoltre, “il diritto della vittima a essere assistita da ulteriori servizi gratuiti, di supporto sin dal primo contatto con l’autorità giudiziaria ed indipendentemente dalla presentazione di una formale denuncia. Si stabiliscono, inoltre, diversi diritti di partecipazione al processo penale: in particolare, per i reati più gravi, si prevede la possibilità per la vittima di impugnare le decisioni di non luogo a procedere”.

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E ancora, alla vittima deve essere garantito “il patrocinio a spese dello Stato, secondo le condizioni stabilite dal diritto nazionale, nonché il diritto all’assenza di contatti con l’autore del reato. È inoltre prevista una valutazione individuale delle singole esigenze di protezione delle vittime, evidenziando alcune categorie che necessitano, per presunzione, di particolare protezione: i minori, i disabili, le vittime del terrorismo, le vittime di violenza di genere, e coloro che abbiano relazioni strette con l’autore”. La direttiva, infine, individua la necessità “di istituire possibili forme di giustizia riparativa, quali la mediazione tra vittima e autore del reato, da attuarsi solo previa richiesta ed assenso della vittima stessa, oltre che nell’interesse di quest’ultima”.

Un processo più quilibrato

L’avvocata penalista Laura Mara è tra le promotrici dell’iniziativa legislativa che intende modificare l’articolo 111. “Purtroppo negli ultimi anni – dice a lavialibera – la posizione processuale della parte civile all’interno del processo penale è diventata quasi superflua, non necessaria. C’è una sperequazione terribile tra quelli che sono i diritti dell’imputato e i diritti della vittima. Nessuno mette in discussione i primi, ma il processo non può essere così squilibrato”.

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“Oggi quanto ti costituisci parte civile – aggiunge l’avvocata – non cambia la posizione formale della vittima. Ecco, l’obiettivo è rafforzare questa posizione agli occhi della magistratura. Faccio un esempio: in molti processi quando termina il dibattimento e comincia la fase della discussione l’ultima parola spetta all’imputato. Nulla da eccepire, ma se nell’ultima udienza la pubblica accusa non replica viene tolta questa facoltà alla parte civile. Sarebbe più giusto, qualora il pm decida di non replicare, che tale possibilità venga concessa alla parte civile”.

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