Quelli del “Baobab” a processo per aver aiutato i profughi

Quelli del “Baobab” a processo per aver aiutato i profughi
Il prossimo 3 maggio un gruppo di volontari di un’associazione solidale con i migranti ascolterà la lettura della sentenza del processo di primo grado in cui sono accusati di favoreggiamento all’immigrazione clandestina. Sono in tre: Andrea Costa, presidente dell’associazione Baobab Experience, e altri due volontari. Nel 2015, quando la rete di cittadini e attivisti che poi ha dato vita all’associazione ha iniziato a supportare con vestiti, medicine, cibo e sistemazioni per la notte centinaia di migranti che dormivano per strada nei pressi della stazione Tiburtina, a Roma, nessuno si sarebbe mai immaginato che sette anni più tardi tre di loro avrebbero rischiato dai sei anni e mezzo ai diciotto di reclusione per questa solidarietà.

L’accusa contro Baobab Experience

L’accusa è di aver favorito l’ingresso in territorio francese per “dieci cittadini stranieri illegalmente entrati in Italia” organizzando un viaggio in autobus da Roma a Genova con destinazione Ventimiglia. In particolare, Costa e un attivista sono accusati di aver raccolto 250 euro per i biglietti, mentre una volontaria di averli accompagnati fino a Genova. “Nove di quelle persone provenivano dal Sudan e una dal Ciad e devono essere considerati dei rifugiati, del tutto legittimati a spostarsi sul territorio italiano”, ha commentato Ludovica Di Paolo Antonio, che dirige il team legale di Baobab, e che nel corso della conferenza stampa che si è tenuta ieri presso l’associazione della Stampa estera ha ricostruito il contesto di violenza e instabilità vissuto dai due stati dell’Africa centrale nel 2016. “Proprio come le donne e i bambini ucraini che abbiamo aiutato a fuggire in Italia qualche settimana fa – racconta Andrea Costa –. Con loro abbiamo attraversato cinque frontiere, due delle quali extra Ue, e siamo stati applauditi. Allo stesso tempo, per aver aiutato altri migranti a raggiungere un campo ufficiale della Croce Rossa sul territorio italiano rischiamo fino a 18 anni di carcere”.

Il governo Renzi e il codice di condotta per le ong

Il dibattito pubblico e politico era ostile coi migranti, trainato dalle forze populiste e di estrema destra. Le ong vengono criminalizzate e trattate come trafficanti

Il viaggio è avvenuto il 4 ottobre del 2016. Al governo c’era Matteo Renzi e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio era Marco Minniti, che un anno dopo, da ministro dell’Interno, fece firmare un controverso codice di condotta alle ong che portavano avanti i soccorsi in mare.

Da un paio di anni la pressione migratoria ai confini europei, sia attraverso il Mediterraneo sia lungo la rotta balcanica, era cresciuta raggiungendo picchi mai registrati prima. Nel maggio del 2015 l’Europa aveva stabilito i criteri per i ricollocamenti, ma il peso sugli stati di primo approdo come l’Italia, soprattutto per quanto riguardava i cosiddetti migranti economici, era rimasto molto alto. Con il passare dei mesi, anche le frontiere interne agli Stati europei, e non più solo quelle esterne, si erano chiuse sempre di più ai migranti. Come a Ventimiglia, dove in quel periodo vengono registrati casi di respingimenti al confine con la Francia. A Roma sono centinaia i migranti transitanti o richiedenti asilo che restano esclusi dall’accoglienza e si accampano per strada affrontando privazioni e continui sgomberi.

Anche il dibattito pubblico e politico nel corso dei mesi si è fatto ostile con i migranti, trainato dalle posizioni delle forze populiste e di estrema destra. L’attività di ricerca e soccorso in mare da parte delle ong è sempre più criminalizzata e paragonata a quella dei trafficanti. La cronaca di quei mesi riporta l’apertura di diverse inchieste. Di mezzo ci finisce anche la solidarietà “di terra”, come il caso di Baobab Experience.

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L’ipotesi originaria: un’associazione per sfruttare i migranti

“Si tratta di un processo politico. Se Andrea è colpevole, lo siamo tutti”Alice Basiglini – Portavoce Baobab Experience

Il procedimento contro i volontari di Baobab nasce da un’altra ipotesi investigativa: l’associazione a delinquere per sfruttare i migranti. Le indagini sono partite a settembre 2016 da un rapporto della questura di Roma per poi passare alla Direzione distrettuale antimafia. Da settembre a dicembre del 2016, diversi volontari dell’associazione sono stati intercettati con tanto di pedinamenti e verifiche sui conti correnti. Le indagini però non portano da nessuna parte. Nessuno tra i volontari di Baobab stava guadagnando da questa attività. Anzi, Costa in quel periodo aveva il conto scoperto di 11 euro. “Del maiale, però, non si butta via niente”, spiega con una metafora l’avvocato Francesco Romeo. Tra le conversazioni intercettate c’è una telefonata in cui i volontari parlano di aiutare dieci migranti a raggiungere Ventimiglia. Secondo l’accusa l’obiettivo era quello di aiutarli ad andare in Francia. Al momento, non è chiaro se poi questo passaggio sia avvenuto davvero mentre è certo che il viaggio della volontaria si è fermato sul territorio italiano. “Non c’è stato alcuno sconfinamento e non c’è alcun elemento documentale a provarlo”, ha precisato l’avvocato Francesco Romeo. “Non dimentichiamo che era appena avvenuto lo sgombero di Baobab – aggiunge Costa – e i migranti erano accampati con mezzi di fortuna per la strada perché i centri di Roma erano tutti pieni. Questi ragazzi volevano solo raggiungere il centro della Croce Rossa di Ventimiglia”.

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Da Baobab Experience non lo nascondono: “Ci aspettavamo l’archiviazione”. Invece il 3 maggio prossimo il Tribunale di Roma deciderà se la loro solidarietà è un reato. Poco importa che sia stato accertato che i tre non hanno tratto alcun profitto. L’articolo 12 del Testo unico sull’immigrazione che disciplina il favoreggiamento all’immigrazione clandestina non fa distinzione tra l’assistenza umanitaria e lo sfruttamento economico, circostanza che prevede, caso mai, un aumento di pena. C’è una direttiva europea, la numero 90 del 2002, che stabilisce che l’assistenza umanitaria può essere una causa di non punibilità. L’Italia, però, non l’ha presa in considerazione. Per questo negli ultimi anni è stato possibile aprire procedimenti per favoreggiamento all’immigrazione clandestina a carico di attivisti e volontari solidali con i migranti. Quanto sta accadendo a Baobab Experience sta però diventando un unicum. “Escludendo le ong che lavorano in mare, non siamo a conoscenza di altri casi di volontari che sono arrivati a sentenza per questo reato”, spiega Romeo. Per Alice Basiglini, portavoce di Baobab, “si tratta di un processo politico. Se Andrea è colpevole, lo siamo tutti”. 

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