La prospettiva di un “Governo Tecnico” ritorna sullo scenario politico italiano

La prospettiva di un “Governo Tecnico” ritorna sullo scenario politico italiano

di Luciano Lago

Il coro servile dei media accoglie Mario Draghi e la ventilata ipotesi di un governo tecnico con un mandato presidenziale come la “salvezza nazionale!”.
Tutti applaudono e lodano il “super Mario” per la sua grande competenza, per la sua esperienza di grande banchiere e sembrano ben contenti che sia arrivato alla fine questo personaggio di così alta levatura che oscurerà gli impresentabili politici del governo Conte/Di Maio/Bonafede/Speranza e darà una svolta alla situazione politica e al disastro dell’economia italiana.

Come ancora non si sa, di sicuro però ci si aspetta che dal suo cappello, il Super Mario tirerà presto fuori dei provvedimenti miracolosi.
Non è la prima volta che viene cooptato un super tecnico a prendere in mano la situazione e la guida di un governo in Italia. Chi ha buona memoria non può essersi scordato dei super tecnici di provenienza bancaria, i Ciampi, i Dini, i Prodi ed i Monti. Tutti personaggi importati nei governi e nei parlamenti per svolgere quelle funzioni che allora si ritenevano necessarie per risollevare l’economia italiana.
Quasi sempre è stato un disastro, nel senso che hanno sperperato enormi risorse finanziare (vedi Ciampi con la crisi della lira nel 1992), hanno fatto aumentare a dismisura il debito pubblico e, la cosa peggiore, hanno svenduto all’estero, mediante le privatizzazioni, una buona parte del patrimonio pubblico italiano, costituito da grandi aziende, banche di interesse nazionale (BNL,Credito Italiano, ecc..), grandi società di assicurazione (INA/Assitalia), Finanziarie (IMI) e infrastrutture pubbliche (Autostrade).
Ricordiamo che, dal 1992 al 2002 il Tesoro ha proceduto direttamente ad operazioni di privatizzazione per un controvalore di circa 66,6 miliardi di euro. Oltre a queste si devono considerare le privatizzazioni gestite dall’Iri (sempre sotto il coordinamento del Tesoro), per un controvalore di circa 56,4 miliardi di euro, senza contare le dismissioni realizzate dall’Eni (5,4 miliardi di euro) e la liquidazione dell’Efim (440 milioni di euro). Il processo di privatizzazioni, di cui furono protagonisti lo stesso Draghi (allora direttore del Tesoro), Ciampi, Prodi (ex presidente dell’IRI), D’Alema e altri, ha riguardato una grande fetta dell’economia italiana che fino ad allora era gestita in mano pubblica e che fu praticamente svenduta a vantaggio delle multinazionali anglo americane, francesi e olandesi.

Oltre al valore ceduto per le aziende pubbliche privatizzate e vendute a società multinazionali, bisogna anche considerare il costo delle commissioni per i collocatori di borsa, banche che compongono il sindacato di collocamento e altri consulenti esterni. E’ inutile dire che fra questi organismi che hanno intascato enormi cifre di commissioni, dove figurano entità come J.P. Morgan, Goldman Sachs, Morgan Stanley, Credit Suisse, First Boston, Merrill Lynch e così via, tutte “investment bank” anglosassoni che hanno incassato lucrose intermediazioni per la loro attività di consulenza, senza mai aver rischiato in proprio neanche un dollaro.
Sarà un caso poi che alcuni dei personaggi italiani autori delle privatizzazioni siano passati a lavorare presso queste entità, come lo stesso Draghi e Prodi alla Goldman Sachs. Quel consueto sistema di porte girevoli che riguarda i grandi super-manager che lavorano a contatto con i circoli finanziari che contano.
D’altra parte questi “tecnici” una volta cooptati all’interno dei governi non è un mistero che operano sulla base delle direttive che ricevono dai grandi organismi finanziari transnazionali di cui sono espressione e di cui curano gli interessi. Questa però è un’altra storia che il pubblico non deve sapere grazie all’inganno dei falsi media che esaltano le grandi qualità, levatura e preparazione di questi super tecnici.

Mario Draghi con Monti e la Merkel

Oggi è la volta di Mario Draghi, ieri era capitato con il compianto Carlo Azelio Ciampi (1993) , poi l’ineffabile prof. Romano Prodi (1996 e seguenti) e in precedenza con Lamberto Dini (1995 primo governo tecnico). Il tutto sulla base dell’ideologia liberista che predica l’apertura ai mercati, le privatizzazioni di tutto il patrimonio pubblico possibile, inclusa la sanità, i trasporti, l’acqua e le autostrade, con i risultati che sappiamo (vedi crollo Ponte Morandi).
I super tecnici in realtà sono di regola esecutori delle direttive della grande Finanza sovranazionale e sono personaggi quasi sempre non eletti che hanno il preciso compito di adeguare il sistema economico alle regole del neoliberismo, dei mercati aperti, nel ridurre ogni spesa pubblica, privatizzare e drenare ogni risorsa di una nazione sovrana, ingigantendo il debito pubblico e sottoponendo il paese oggetto delle loro cure al ricatto dei grandi organismi come il FMI; la Banca mondiale e, in Europa, della Commissione Europea e la BCE.

Proteste contro il FMI, strangolatore dei popoli

In epoca di pandemia questo non è più possibile in prima battuta poichè si fa ricorso al debito per dare ristori alle imprese ed ai lavoratori ma già si paventa, in prospettiva, con il grande riassetto che seguirà alla fine della pandemia, una nova forma di espropiazione dei risparmi e di riforma del sistema di lavoro per fare fronte al debito ed alla nuova economia.
In ogni caso sono i grandi organismi finanziari che indirizzano la politica degli stati e di regola i tecnici seguono questo indirizzo per propria convinzione ed interesse.
Destra e sinistra, “scappati di casa” e frange varie, saranno tutti inchinati al “salvatore” dell’economia italiana, con pochissime eccezioni. Come al solito i politici in Italia svolgono la funzione di “camerieri dei grandi banchieri” e la situazione odierna non si discosta da questa regola. Chi si oppone sarà emarginato e messo nell’angolo.

Sarà Mario Draghi il grande “regolatore” delle economia italiana? Una cosa è certa: lui è un super tecnico ma le decisioni che deve prendere sono tutte squisitamente politiche, decise ai vertici e al di fuori di qualsivoglia volontà popolare.

veronulla

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