La memoria corta dei nostalgici

C’è un post che da anni, in prossimità dell’estate, viene ricondiviso sui social. Ogni volta fa decine di migliaia di like e condivisioni, ma è un post che dimostra la memoria cortissima degli Italiani e lo scarso interesse ad approfondire. Quest’anno però il post gioca sull’effetto “si stava meglio quando si stava peggio” a distanza ravvicinata da elezioni importanti, pertanto abbiamo pensato di fare cosa utile nello smentire alcune delle cose che vengono raccontate!

Il post è questo:

C’era una volta la vacanza estiva che durava dai due ai tre mesi. Aveva un nome obsoleto ed in disuso, “la villeggiatura”. Tanti partivano addirittura ad inizio giugno od ai primi di luglio e tornavano a metà settembre. L’ autostrada era una fila di Fiat 850, 600, 1100, 127, 500 e 128, Maggiolini e Prinz. Era tutto più semplice e più vero. La vacanza durava talmente tanto che avevi la nostalgia di tornare a scuola e di rivedere gli amici del tuo quartiere, ed al ritorno non ricordavi quasi più dove abitavi. La mattina in spiaggia la 50 lire per sentire le canzoni dell’estate nel juke box o per comprare coca cola e pallone. Si mandavano le cartoline che arrivavano ad ottobre ma era un modo per augurare “Buone vacanze da…” ad amici e parenti. Malgrado i 90 giorni ed oltre di ferie, l’Italia era la terza potenza mondiale, le persone erano piene di valori e il mare era pulito. Si era felici, si giocava tutti insieme, eravamo tutti uguali e dove mangiavano in quattro mangiavano anche in cinque, sei o più. Nessuno aveva da studiare per l’estate e l’unico problema di noi ragazzi era non bucare il pallone, non rompere la bicicletta e le ginocchia giocando a pallone altrimenti quando rientravi a casa ti prendevi pure il resto. Il tempo era bello fino al 15 di Agosto, il 16 arrivava il primo temporale e la sera ci voleva il maglioncino perché era più fresco. Intanto arrivava settembre, tornava la normalità. Si ritornava a scuola, la vita riprendeva, l’Italia cresceva e il primo tema a scuola era sempre. “Parla delle tue vacanze”. Oggi è tutto cambiato, diverso. La vacanza dura talmente poco che quando torni non sai manco se sei partito o te lo sei sognato. E se non vai ai Caraibi a Sharm o ad Ibiza sei uno sfigato. O magari hai tante cose da fare che forse è meglio se non parti proprio, ti stressi di meno. Una risposta certa è che allora eravamo tutti più semplici, meno viziati e tutti molto più felici, noi adulti e pure i ragazzi. La società era migliore, esisteva l’amore, la famiglia, il rispetto e la solidarietà. Fortunati noi che abbiamo vissuto così. La vita era quella vera insomma.

Il post non riporta date specifiche, ma possiamo capire di che anni si parla dai modelli di macchine citate: Fiat 850, 600, 1100, 127, 500 e 128, Maggiolini e Prinz. Siamo a cavallo degli anni ’60, inizio anni ’70.

Partiamo da lontano: fino al 1948 le “ferie” non esistevano, se non per pochissimi fortunati che avevano soldi per viaggiare. I benestanti avevano magari la casa in città e in campagna, ma la maggioranza della popolazione dei lavoratori non aveva un periodo che si potesse definire ferie. Sia chiaro, durante il fascismo erano nate le Colonie marine, gestite dall’Opera nazionale maternità e infanzia, ma lo scopo era legato prima di tutto alla propaganda fascista e poi al far crescere una nuova generazione di fascisti più forti e robusti oltre che ideologicamente plagiati. Nel 1948 però grazie alla nuova Costituzione venivano sancite le “Vacanze obbligatorie” grazie all’art.36 che riportava:

Il lavoratore ha diritto a ferie annuali retribuite e non può rinunziarvi.

Oggi la parte sulle ferie suona così:

Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi.

Non è cambiato molto.

Ma quindi i lavoratori avevano due-tre mesi di ferie?

No, nessun lavoratore godeva di quel lunghissimo periodo di vacanza annuale, chi (sulla carta) le aveva erano i ragazzini, che finita la scuola avevano e hanno anche oggi circa tre mesi interi di pausa estiva.

Tre mesi durante i quali qualcosa dovevano fare.

Molti, moltissimi andavano a lavorare, fin da giovanissimi. Alcuni nemmeno ci andavano a scuola.

 

La RAI, quando ancora faceva vero servizio pubblico, dedicò al problema una serie di 7 trasmissioni, nelle varie puntate venivano mostrati bambini al lavoro in cantieri edili, fabbriche, usati come garzoni per le consegne o come aiutanti dei marinai a districare le reti, a lavorare nei campi. Fino agli anni Settanta la piaga del lavoro minorile in Italia era immensa, dare a intendere diversamente come fa supporre il post qui sopra è sbagliatissimo.

Poi c’erano i cittadini, coi genitori della media borghesia: ecco, loro sì che andavano in vacanza, solitamente con la mamma e magari la nonna, anche perché si parla di una società patriarcale dove il ruolo della donna era principalmente quello di occuparsi dei figli (e del marito) senza un lavoro stipendiato con ferie incluse (lo so che qualcuno arriverà a sostenere che facevano le casalinghe e quelle erano le loro ferie).

Ecco, quei ragazzi avevano tre mesi di vacanza, tre mesi durante i quali se va bene vedevano il padre nei weekend (ma all’epoca li chiamavamo ancora finesettimana) e magari se gli andava bene 15 giorni in agosto. Ma stiamo parlando di una minoranza della popolazione italiana. Una nicchia di soggetti fortunati. Chi condivide quel post non si rende conto che i suoi genitori non stavano tre mesi al mare; al massimo, se la vacanza era vicino casa, il papà arrivava il venerdì sera finito di lavorare e tornava a casa la domenica notte. Ed è da quell’esodo settimanale che viene il ricordo delle autostrade sempre piene di macchine, perché ogni weekend sulle autostrade (più piccole e meno strutturate di oggi) si riversavano milioni di padri che andavano a trovare la famiglia al mare, in montagna o in campagna.

Sia chiaro: è vero che c’è stato un periodo in cui le fabbriche chiudevano tutte più o meno nello stesso momento, con conseguente esodo di massa, ma ovviamente non per tre mesi. Riporta il Corriere:

è cambiata anche la durata media delle villeggiature: 20 giorni nel 1965, 19 nel 1975, poco meno di 13 nel 1998, solo 11 quest’anno secondo i dati di Federconsumatori. «Nell’Italia di cinquant’anni fa chi partiva restava via moltissimo — concorda Chiara Saraceno, sociologa della famiglia —. Allora le donne erano soprattutto casalinghe e rimanevano mesi al mare o in montagna con i bambini e il marito le raggiungeva il fine settimana o in agosto». Le famiglie erano più numerose, tre figli per donna in media negli anni 50, contro l’1,2 a testa di adesso, e i bambini non avevano problemi a trovare compagni di gioco.

Per capire ancora meglio quanto il post faccia leva solo sulla scarsa memoria degli Italiani, negli anni ’70 in Italia circolavano circa 11 milioni di veicoli, oggi sono più di 40. I veicoli circolanti sono quadruplicati, mentre la popolazione è aumentata di poco. L’Italia inoltre non era la terza potenza mondiale come sostenuto nel post, non lo siamo mai stati, in quegli anni eravamo la settima potenza mondiale, e solo nel 1987 avvenne il sorpasso che ci permise di divenire la sesta, e nel 1991 fummo brevemente in quarta posizione. L’Italia tutt’oggi è tra le 8 grandi potenze economiche del mondo. Questi fattori dovrebbero bastare a far capire ai tanti che mettono like e condividono il post che le possibilità sono due:

  1. hanno memoria corta e su questo fa leva l’effetto nostalgia
  2. fanno parte di quella fortunata nicchia i cui genitori potevano permettersi vacanze da tre mesi.

Ma l’effetto nostalgia colpisce tutti, specie in quanto la maggioranza di chi mette il like a quel post ai tempi era nell’età dell’infanzia/adolescenza e oggi si sente vecchio e rimpiange un’epoca che ritiene più bella. Su questo effetto nostalgia contano i populisti, in particolar modo quei politici che hanno bisogno che vi convinciate che le cose erano meglio un tempo.

Ma vi stanno, anche con l’effetto nostalgia, prendendo per il sedere.

Una curiosità, a dimostrazione ulteriore che non si facevano vacanze di tre mesi se non in rari casi anche negli anni ’70: nel 1973 sul Corriere della Sera appariva un trafiletto che riportava l’opinione di una sociologa olandese; ve ne citiamo la parte più rilevante:

Secondo la dottoressa le due caratteristiche della vita moderna porteranno a che un numero sempre maggiore di persone per lunghi periodi sarà assente danneggiando così la vita sociale. In una pubblicazione intitolata «Ferie e destinazione delle dal principio del secolo •, la dottoressa Hessels prevede per il futuro città deserte e località di vacanze affollatissime. • Questo — rileva — potrà avere conseguenze negative anche per la vita politica. Già ora si nota che la gente è pochissimo interessata alla politica: se potrà disporre di che vanno dalle sei settimane ai due mesi questo interessamento scarso scomparirà completamente.

Quindi se nel 1973 una sociologa parla di un ipotetico futuro in cui ci sarebbero state vacanze tra le sei settimane e i due mesi significa che fino a quel momento, appunto, non erano l’abitudine per nessuno.

redazione at butac punto it

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