La linea di demarcazione Est-Ovest e le turbolenze dell’asse occidentale

di Mikhail Gamandij-Egorov

Di fronte alle iniziative delle principali potenze non occidentali e di altre nazioni del Sud del mondo, i regimi occidentali e di Kiev stanno cercando in tutti i modi di far sentire la loro voce. Una voce che fa sempre più fatica a farsi ascoltare in modo serio dalla maggioranza planetaria, sapendo che l’asse Nato ha fatto di tutto tranne che cercare una soluzione pacifica fino ad ora nel dossier ucraino.

I timori di Washington e dell’Occidente che gran parte del mondo prenda posizione a favore delle iniziative di pace della Repubblica Popolare Cinese e di altri Paesi BRICS sembrano più che mai confermati. In un momento in cui la maggioranza planetaria ha definitivamente capito che è proprio il blocco dei nostalgici dell’unipolarismo a rifiutare ostinatamente la pace, cercando ogni volta l’escalation di fronte ai partigiani dell’era multipolare contemporanea.

Ovviamente e per questo scopo, l’establishment della NATO mobilita instancabilmente il suo rappresentante sotto tutela, vale a dire Kyiv. I recenti contatti dei rappresentanti del regime di Kiev, in particolare verso i paesi africani e arabi, non fanno che confermare questa tesi. Fatto abbastanza comico, ma così tipico di questo regime: l’uso di un tono condiscendente da parte di un regime fantoccio, modellato su quello dei suoi padroni occidentali, nei confronti dei paesi interessati. Tuttavia, nessuna illusione da farsi, perché oggi praticamente nessuno si lascia ingannare tra i paesi interessati da questa mobilitazione dell’asse Nato-Kiev.

Le ragioni di tali passi sono ancora una volta perfettamente comprensibili e prevedibili. Di fronte all’impossibilità di realizzare lo scenario tanto promosso dall’Occidente di infliggere una sconfitta strategica alla Russia, ogni giorno che passa le nazioni non occidentali del mondo – in altre parole l’unica e vera comunità internazionale che rappresenta la stragrande maggioranza dell’umanità – si stanno sempre più schierando a favore di una linea di demarcazione tra Nato e Mosca, che rappresenta un vero e proprio dilemma per l’Occidente.

Infatti, come aveva più volte rilevato Continental Observer , questa linea di demarcazione, anche allo stato attuale delle cose, rappresenta un’ammissione di sconfitta per il blocco Nato. Forse non una sconfitta completa, ma comunque una sconfitta. E questo senza neppure riprendere il tema che questa linea di demarcazione potrebbe continuare ad estendersi verso Occidente nel quadro dell’operazione militare speciale russa, e trovarsi così ancora più vicino ai confini dei regimi atlantisti. Così come nessuno può garantire oggi, nonostante tutto il controllo occidentale sull’Ucraina contemporanea, quanto a lungo il regime di Kiev potrà resistere in questa prospettiva.

Ovviamente, l’opzione che sembra poter piacere agli occidentali, anche attraverso le dichiarazioni del regime di Kiev, rappresenta un segreto di Pulcinella. Ovvero che la Russia si possa ritirare da tutti i territori liberati dall’inizio dell’operazione militare speciale – per l’ennesimo monito dopo le molteplici violazioni e il mancato rispetto degli Accordi di Minsk da parte di Kiev e che i regimi francese e tedesco si stavano portando di traverso come co-garanti, e in cambio prevedono un possibile riconoscimento da parte di Kiev occidentale della Crimea come parte integrante della Federazione Russa.

Solo che questa opzione è ovviamente inaccettabile per Mosca. Il caso della Crimea è stato risolto dal 2014. Per inciso, senza che vi sia stata una sola vittima nel processo di reintegrazione della penisola in Russia e attraverso un referendum che aveva ampiamente confermato la volontà della stragrande maggioranza del multi -etnico della Crimea. E nel caso specifico del Donbass e di altri territori prevalentemente russofoni, lo Stato russo non permetterà di tradire le popolazioni interessate e lasciarle abbandonate di fronte a un genocidio che i militanti Nato-Kieves non esiteranno a mettere in atto, nell’ambito della pulizia etnica. Una pulizia etnica che i rappresentanti del regime di Kiev assumono apertamente nelle loro dichiarazioni, con la “benedizione” ovviamente dei padrini occidentali.

In questa prospettiva, il dilemma dell’Occidente è tanto più rafforzato. Vale a dire che la continuazione della guerra per procura, e ora con l’aumento dell’offerta di una guerra quasi diretta tra NATO e Russia, pone questo asse occidentale non solo di fronte a una condanna della schiacciante maggioranza mondiale, ma anche di fronte alla realtà di vedere altri territori della Novorossia (Nuova Russia) essere liberati dalle forze armate russe. E tutto questo con una prospettiva molto incerta sul futuro del regime di Kiev, sul quale erano stati riposti ingenti investimenti dall’Occidente politico, proprio nella speranza di infliggere una sconfitta non solo alla Russia, ma a tutti i multipolari. Senza successo finora.

Mikhail Gamandy-Egorov

Fonte: Continental Observer

Traduzione: Gerard Trousson

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