La coca torna all’OMS. Verso la fine di un errore coloniale?

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Per la prima volta dopo oltre trent’anni, la foglia di coca è tornata all’attenzione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. A Ginevra, il 20 ottobre, il 48° Comitato di esperti dell’OMS sulla dipendenza da droghe (ECDD) ha avviato la revisione critica della pianta, tuttora inserita nella Tabella I della Convenzione Unica del 1961, accanto alle sostanze più pericolose e prive di valore terapeutico.

La sessione si è aperta con un dato simbolico: 57 Paesi rappresentati, 195 partecipanti collegati, e una materia prima — la coca — che da decenni rappresenta il nodo irrisolto tra scienza, cultura e proibizionismo.

La Bolivia ha guidato l’appello per un cambio di paradigma. Nel suo intervento, la delegazione ha definito la revisione «un passo storico per correggere un errore scientifico e coloniale». La coca, ha ricordato, è «una pianta millenaria, centrale per l’identità culturale e la medicina tradizionale andina», con basso rischio di dipendenza e comprovate proprietà antiossidanti, antinfiammatorie e metaboliche. La Bolivia ha chiesto la rimozione della foglia di coca dalla Tabella I, distinguendola chiaramente dalla cocaina e dalle sue derivazioni chimiche.

Anche la Colombia ha sostenuto la revisione, presentando dati nutrizionali e farmacologici che confermano la scarsa tossicità e l’assenza di effetti di dipendenza. L’ambasciatore colombiano ha invitato il Comitato a «riconoscere le dimensioni culturali, spirituali e sociali della coca», evidenziando la necessità di una valutazione che non confonda la pianta naturale con la sostanza stupefacente ottenuta dai suoi alcaloidi.

Il dibattito ha assunto una portata ancora più ampia con l’intervento dell’Ufficio dell’Alto Commissariato ONU per i Diritti Umani (OHCHR). Il rappresentante dell’agenzia ha definito la revisione «un momento senza precedenti per i diritti dei popoli indigeni», ricordando che la criminalizzazione della coca ha prodotto violazioni sistemiche di identità culturale, autodeterminazione e ambiente. Le politiche di eradicazione forzata, ha sottolineato, «hanno distrutto ecosistemi, mezzi di sussistenza e comunità». L’OHCHR ha chiesto che l’intero processo sia ancorato ai diritti umani, garantendo partecipazione, consenso libero e informato e rispetto delle conoscenze tradizionali.

Da parte della società civile internazionale, l’International Drug Policy Consortium (IDPC) ha accolto con favore il rapporto dell’OMS, ma ha segnalato «gravi omissioni» nel riconoscimento del valore ancestrale e delle pratiche tradizionali. Nelle parole di Marie Nougier, “la classificazione della foglia di coca fu un errore storico, basato su argomenti razzisti e coloniali. È tempo di correggerlo.” L’IDPC ha chiesto che il Comitato raccomandi la completa deschedulazione della coca in forma naturale, chiarendo che l’eventuale regolamentazione legale non inciderebbe sugli obblighi internazionali contro la produzione di cocaina.

A fronte delle aperture dei Paesi andini e delle organizzazioni per i diritti umani, alcuni Stati come Francia e Stati Uniti hanno invocato prudenza, sostenendo la necessità di ulteriori prove sugli effetti sanitari e sui rischi di diversione verso il mercato illecito.

Il Comitato di esperti si riunirà in sessione chiusa fino al 22 ottobre per elaborare le proprie raccomandazioni, che saranno poi trasmesse al Direttore generale dell’OMS e discusse alla Commissione ONU sulle droghe nel marzo 2026.

Per milioni di persone indigene, per la scienza e per chi da decenni denuncia l’assurdità di una proibizione coloniale, questa revisione rappresenta molto più di un atto tecnico: è l’occasione per riscrivere la storia di una pianta ingiustamente criminalizzata.

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