Gli Stati Uniti hanno un piano per riprendere il controllo dell’Iraq

Alcune fonti irachene collegate alla resistenza hanno fatto trapelare informazioni di intelligence da cui traspare un piano elaborato dal Dipartimento di Stato USA per riprendere il controllo dell’Iraq ed impedire l’espandersi dell’influenza iraniana nel paese.
Il comando USA sta inviando armi di vario tipo, fra cui missili, armi leggere, esplosivi e attrezzature militari per procedere al riarmo di fazioni radicali sunnite e sospingerle ad attaccare le milizie sciite filo iraniane (FMP e Kata’ib Hizbollah ) presenti nel paese.
Nonostante le pressanti richieste del Parlamento e del governo iracheno per il ritiro delle forze USA dal paese, sembra che Washington non abbia intenzione di far ritirare le sue forze, salvo procedere a spostamenti di truppe da una base all’altra.

La fonte irachena ha informato che un aereo C130 americano è atterrato alla base di Ain al-Assad, proveniente dal Kuwait all’inizio della scorsa settimana, spiegando che “l’aereo trasportava 32 lanciamissili con le loro munizioni”.
Ha anche sottolineato che un aereo cargo americano “ha portato nello scorso ottobre una quantità di armi e 28 binocoli a raggi infrarossi a Erbil”, notando che l’aereo cargo “è entrato nella base di Al-Asad e poi a Erbil e proveniva dalla base kuwaitiana di Ali Al-Salem”.
La fonte ha confermato che le armi e l’equipaggiamento trasportato dall’aereo “sono arrivate attraverso i leader radicali sunniti con base a Erbil”, affermando che dopo l’arrivo dell’aereo cargo americano “l’attività dell’Isis è aumentata nel Paese”.

Aereo Cargo USA atterrato in Iraq con carico armi per i terroristi

E’ interessante notare che alcune formazioni della resistenza avevano annunciato, già lo scorso giovedì, la “fine della tregua” con le forze americane in Iraq, e “l’inizio della ripresa delle operazioni contro le forze di occupazione USA fino alla completa loro evacuazione”.

Il tempo stringe, ha dichiarato un portavoce delle FMP, e “bisogna agire prima che gli americani e i britannici rimettano in piedi l’ISIS, come hanno fatto i servizi di intelligence USA e GB nel 2014 in stretta collaborazione con l’Arabia Saudita”, la monarchia dei Saud interessati alla creazione di un califfato sunnita in Iraq.
Allora ci vollero circa tre anni per combattere l’ISIS e liberare il paese, grazie all’opera delle formazioni sciite (prevalentemente) addestrate e armate dall’Iran (sotto il comando del generale Soleimani), mentre la coalizione USA fingeva di bombardare le postazioni dell’ISIS.
In realtà la complicità degli USA e dell’Arabia Saudita con i terroristi si è dimostrata evidente, fra l’altro con il favoreggiamento del furto del petrolio iracheno dai pozzi che veniva rivenduto in Turchia, senza che le forze USA intervenissero. Fu l’intervento russo in Siria che mise fine a tale contrabbando con l’attacco aereo sulle lunghe file di camion cisterna che facevano la spola fra Iraq, Siria e Turchia.

Milizie sciite in Iraq
Milizie sciite irachene

La richiesta del ritiro delle forze USA è stata fatta nel gennaio di quest’anno a seguito dell’omicidio del generale Soleimani e del vicecomandante delle FMP, Abu M. Al Muhandis, assassinati entrambi dagli americani presso l’aeroporto di Baghdad. Da allora un milione circa di iracheni sono scesi in piazza per manifestare in massa e richiedere il ritiro delle truppe USA dal loro paese.
Tuttavia il comando americano finge di non aver capito e glissa sulla richiesta, muovendo le sue trame per riprendere il controllo del paese. I radicali salafiti sono ancora una volta la forza mercenaria che Washington utilizza per destabilizzare il paese e giustificare la presenza delle truppe USA.
La strategia di Washington non cambia, indipendentemente di quale sia il presidente, prima Obama, poi Trump e adesso Joe Biden.

Luciano Lago

Fonti: Al Mayadeen – New Front

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