Dopo il trionfo di Putin nelle elezioni e il fallimento dell’offensiva ucraina, Biden, Blinken, Nuland e Burns sull’orlo di una crisi di nervi

di Luciano Lago

Gli specialisti americani non se lo aspettavano in queste proporzioni, mentre avevano riposto fiducia che le azioni aggressive e le infiltrazioni di terroristi in territorio russo, durante le elezioni, avrebbero “disturbato” la celebrazione elettorale.
Niente da fare, il popolo russo, in percentuale schiacciante (Putin ottiene l’87,14% dei voti, a spoglio completato) ha confermato la fiducia al suo presidente. Le azioni aggressive pianificate dal Pentagono e dalla Cia in territorio russo sono state un fallimento completo, lasciando a terra centinaia di morti tra i gruppi che hanno tentato l’infiltrazione nelle zone di frontiera russe.

Tanto meno è servita la martellante propaganda dei mega media occidentali e dei social nel convincere il popolo russo a disertare o a votare scheda bianca.
Al contrario quello di Putin è stato un trionfo che ha stabilito ancora una volta una fiducia immensa della stragrande maggioranza del popolo russo in Putin e nella sua politica di riaffermazione della Russia nel mondo.

Adesso i leader occidentali schiumano rabbia e parlano di “elezioni truccate”, loro che hanno una lunga tradizione nel truccare o manipolare le elezioni, oltre che nell’organizzare “rivoluzioni colorate”, ma in Russia non gli è riuscito.
Dalla Casa Bianca filtrano notizie secondo cui ci sono state riunioni a porte chiuse in una sala dove erano riuniti il presidente Biden, il segretario di stato Antony Blinken, la Victoria Nuland, l’addetto alla sicurezza Jake Sullivan, ai quali si è aggiunto dopo il direttore della CIA William Burns, convocato d’urgenza. Si sono sentite grida ed urla, riferisce una fonte che ha richiesto l’anonimato e si è capito che era in corso un “redde rationem” tra i vari responsabili per il fallimento delle operazioni sotterranee fatte tra Ucraina e Russia.

Nuland ha presentato dimissioni (la terza da sinistra)

La Nuland ha appena presentato le dimissioni e Blinken si appresta a farlo tra breve. Biden non sembra abbia compreso perché accanto a lui gli altri urlavano, ha continuato a parlare a vuoto di “democrazia e regole”, ma poi è intervenuta una assistente per spiegargli quanto stava accadendo. Sembra che il direttore della CIA Burns si sia messo le mani tra i capelli ed abbia accusato Blinken e la Nuland di incompetenza ed i toni si sono accesi.

Certo è che l’establishment democratico USA non si trova in un buon momento, pressato dalla necessità di celare per quanto possibile la sconfitta in Ucraina, angustiato per la perdita di potere in Medio Oriente dove persino Netanyahu non fa più caso agli ordini ricevuti da Washington e neppure i guerriglieri dello Yemen hanno timore della macchina militare anglo americana e sfidano nel Mar Rosso il blocco occidentale che sostiene Israele.

A questo si aggiunge l’imbarazzo dopo che sono filtrate notizie della presenza in Ucraina di reparti della Nato, in precedenza sempre negata, con la necessità di rimpatriare le salme dei caduti dei consiglieri americani e di altri paesi della Nato uccisi a Odessa dall’ultimo attacco missilistico russo. Diventa sempre più difficile occultare le perdite all’opinione pubblica.

Adesso l’Amministrazione USA si trova di fronte al dilemma se proseguire l’escalation del conflitto, impegnando truppe della Nato sul campo o se richiedere una tregua che consenta agli ucraini di riorganizzarsi e riprendere le fila, se ci riescono. Dovrebbero anche “scaricare” il petulante ex comico Zelensky e toglierselo dai piedi, magari simulando un attentato dei russi. A questo ci deve pensare Burns con la CIA, loro sono specialisti nelle eliminazioni di personaggi scomodi.

Si stanno studiando varie alternative ma un nuovo fallimento in Ucraina, dopo quello dell’Afghanistan, sarebbe fatale per l’amministrazione Biden in vista delle elezioni presidenziali.
Questo spinge i responsabili dell’amministrazione Biden a cercare possibili capri espiatori e decidere in fretta il da farsi.
Nel frattempo il consumo di tranquillanti, alla Casa Bianca, sicuramente si trova in crescita.

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