Contro il regime (proibizionista): la Million Marijuana March torna in piazza
La Million Marijuana March in Italia iniziò il suo percorso nel 2001, aderendo alla rete mondiale lanciata due anni prima dal reduce del Vietnam Dana Beal, attivista dei movimenti contro la guerra. Esordimmo con la campagna di autodenuncia “Signor Giudice, ho piantato un seme”, che raccolse circa 1.100 autodenunce. Furono consegnate, insieme a una quarantina di piantine, da una delegazione alla caserma dei Carabinieri di Piazza Venezia, mentre la street parade attendeva il suo ritorno per poi concludersi a Piazza Bocca della Verità.

L’incontro con gli indiani Lakota.
La marcia fu aperta da una delegazione di Nativi Americani della nazione Oglala Lakota, proveniente dalla riserva di Pine Ridge, nel Sud Dakota, con cui ci eravamo gemellati. I Lakota, dopo il sequestro di un campo da parte dell’FBI, avevano occupato le loro terre in riserva, barricandone gli accessi, per rivendicare il diritto di coltivare cannabis. I Trattati di Fort Laramie del 1851 e del 1868, firmati con gli Stati Uniti, erano precedenti al Marihuana Tax Act del 1937 — anno di nascita del proibizionismo, poi diffusosi nel mondo come primo fenomeno globale — e non prevedevano limitazioni alla coltivazione di alcuna varietà botanica.
Da allora, le molteplici edizioni della MMM hanno avuto ogni anno un tema specifico locale, condividendo però con il network internazionale, attivo in oltre 700 città, tre punti fermi:
- diritto a coltivare liberamente una pianta che è parte del patrimonio botanico del pianeta;
- fine delle persecuzioni per chi la usa;
- diritto all’accesso incondizionato alla cura per chi ne fa uso terapeutico.
Fin dai suoi esordi, la MMM fu parte — finché esistette — del Movimento di Massa Antiprò (MDMA), con cui condivise le battaglie per l’abolizione della legge 49/06, tristemente nota come Fini-Giovanardi. Prima con il cartello “CONFINI ZERO”, poi con “ILLEGALE È LA LEGGE”, riempimmo le piazze fino alla sua cancellazione nel febbraio 2014.
Dopo l’edizione del 2019, ci fermammo a causa della pandemia e del “distanziamento sociale”, senza più ripartire. Il movimento sembrava essersi arenato, e con esso la MMM: sempre partecipata, ma ormai vissuta come una ricorrenza sterile e autoreferenziale, una bellissima festa senza più spinta propositiva. Una memoria da custodire, forse, ma da archiviare.
Poi arrivarono gli eccessi repressivi del governo Meloni: il primo atto legislativo, il decreto antirave, diventato poi la legge 633-bis; il Decreto Caivano; il nuovo Codice della Strada voluto da Salvini (legge 177/24), con l’inasprimento delle sanzioni amministrative contro le persone che usano sostanze; fino ad arrivare al Decreto (IN)SICUREZZA, che con i suoi 39 articoli cancella le ultime tracce di democrazia e spinge l’Italia verso un regime autoritario. In un delirio proibizionista, si vietano perfino le varietà di cannabis “a salve”, non psicoattive.
Nel frattempo, nell’aprile 2023, Fratelli d’Italia ha presentato una proposta per cancellare di fatto la “lieve entità” prevista dall’articolo 73 della legge 309/90, alzando la pena massima a 5 anni. Una proposta che è poi diventata legge grazie al decreto Caivano rendendo così chiara anche l’impostazione della conferenza governativa sulle droghe prevista a novembre a Roma.
Scommettiamo che useranno quella vetrina per fare un altro passo verso il regime che stanno costruendo, estremizzando lo strumento proibizionista come arma di ricatto e controllo sociale.
È proprio per questo che siamo tornat*: per restare.
Al governo Meloni mandiamo a dire che è grazie ai suoi eccessi che ci siamo sentit* costrett* a ripartire. Ci troveranno sulla loro strada. Vogliamo defascistizzare questo Paese, e l’obiettivo è chiaro: cancellare tutta questa produzione legislativa liberticida, dalla 633-bis al DL (IN)SICUREZZA.
Per tutti questi motivi, il 31 maggio saremo in piazza nella manifestazione della Rete NO DL SICUREZZA. E ci torneremo ogni volta che sarà necessario. Anche a novembre, durante la conferenza del governo sulle droghe. Sicuramente almeno fino alla cancellazione del DL (IN)SICUREZZA.
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