Olimpiadi Milano-Cortina, neve a tutti i costi

Tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare, si dice. Quella che separa le promesse degli organizzatori delle Olimpiadi di Milano-Cortina e la realtà che si presenta a sette mesi dall’inizio dei Giochi, però, è acqua dolce: quella dei fiumi e dei torrenti delle Alpi lombarde, venete e trentine, già sotto stress per effetto del cambiamento climatico. Ne verrà prelevata al ritmo di centinaia di litri al secondo per produrre la neve artificiale necessaria per le gare e per rifornire le strutture che accoglieranno i 2 milioni di visitatori attesi.

Consumi idrici, trasparenza a secco

Sulla carta, il tema è al centro dell’attenzione degli organizzatori: già il dossier di candidatura del 2019 prevedeva il calcolo della water footprint (impronta idrica) dei giochi secondo gli standard internazionali, impegno ribadito nel 2024 nel rapporto ambientale insieme alla promessa di sviluppare un “piano di riduzione dei consumi idrici”. Di nessuno dei due strumenti, però, si trova traccia. Contattata da lavialibera, Fondazione Milano Cortina assicura che entrambi “sono oggetto di confronto con il Comitato olimpico internazionale”, ma non è detto che vengano resi pubblici perché “sicuramente verrebbero strumentalizzati”. Si ipotizza anche che possano essere diffusi dopo la fine dei Giochi in forma consuntiva, il che impedirebbe – come già sta accadendo – qualsiasi forma di collaborazione e monitoraggio da parte delle comunità interessate. “I dati dettagliati su volumi idrici, fonti di approvvigionamento e strategie di gestione non sono stati resi pubblici in modo organico – dice a lavialibera Fabio Tullio, presidente di Legambiente Treviso –. Queste mancanze impediscono una valutazione indipendente e un dibattito pubblico informato sull’effettiva sostenibilità idrica dei Giochi”.

Per produrre i 2 milioni di metri cubi di neve artificiale ne serviranno 836mila d’acqua. Il calcolo dell’impronta idrica e il piano di risparmio promessi non sono stati pubblicati

Le informazioni pubblicamente disponibili sono quelle contenute nel rapporto ambientale allegato al programma per la realizzazione dei Giochi, il quale assicura che “le azioni previste non comportano impatti di rilevanza strategica sulla qualità delle risorse idriche sotterranee e superficiali. Più significativo – precisa – è il tema dell’efficienza nell’uso di risorse idriche, con particolare riferimento ai fabbisogni per innevamento tecnico”. Secondo gli organizzatori, i Giochi richiederanno più di 2 milioni di metri cubi di neve artificiale, per produrre i quali saranno necessari 836mila metri cubi d’acqua.

Livigno, il fiume che non c’è

Oltre mezzo milione verrà impiegato a Livigno (Sondrio), comune di meno di 7mila abitanti a un passo dalla Svizzera, che ospiterà le gare di sci acrobatico e snowboard. Qui scorre il torrente Spöl, conosciuto anche come Aqua Granda. O meglio, scorreva: la società A2A, che tra l’altro figura tra i partner dei Giochi, preleva a monte 90 milioni di metri cubi all’anno per produrre energia idroelettrica, acqua che poi viene deviata nell’Adda, tributario del Po. Risultato: “Da vent’anni a questa parte lo Spöl è prosciugato”, dice a lavialibera Nicola Faifer, fondatore del comitato L’acqua è tua, che da tempo lotta perché l’azienda rilasci il deflusso ecologico, cioè la quantità d’acqua minima per garantire la salute dell’ecosistema fluviale. “Abbiamo presentato un esposto alla Commissione europea che ci ha dato ragione e presentato una denuncia per disastro ambientale, ma nulla è cambiato”.

Per produrre i 2 milioni di metri cubi di neve artificiale ne serviranno 836mila d’acqua. Il calcolo dell’impronta idrica e il piano di risparmio promessi non sono stati pubblicati” target=”_blank”>Fiumi e ghiacciai, quanta acqua ci resta?

Oltre a quelle per l’utilizzo idroelettrico, sullo Spöl incidono anche – seppur in misura decisamente minore – le concessioni per la produzione di neve artificiale destinata agli impianti sciistici. La portata di prelievo autorizzata non basterà però a soddisfare il fabbisogno nel periodo olimpico. Da qui la scelta di costruire due bacini di accumulo, uno da 200mila metri cubi nell’area di Mottolino e uno da 120mila in zona Carosello. Per il sindaco di Livigno Remo Galli si tratta di interventi vantaggiosi, che permetteranno di “gestire le risorse idriche in maniera più attenta all’ambiente” anche dopo le Olimpiadi: “Potremo raccogliere l’acqua nei periodi in cui ce n’è di più, cioè da maggio a luglio, invece che prelevarla in inverno quando ce n’è molta di meno”, spiega a lavialibera. Perché questo valga per i Giochi, quindi, i bacini dovrebbero essere ora in fase di riempimento. Invece i lavori per quello di Mottolino non finiranno prima del 30 ottobre, stando alla tabella di marcia, mentre quello di Carosello sarà pronto per le Olimpiadi, ma quelle giovanili del 2028. L’acqua che manca a far quadrare i conti arriverà quindi dalle prese sullo Spöl, in virtù di due domande di attingimento eccezionale da 40 litri al secondo ciascuna, valide per il solo periodo olimpico.

Anterselva, ricorso contro le ruspe

“L’evento olimpico ha fallito tanto sul profilo ambientale quanto su quello della trasparenza e della democrazia. Tutte le opere sono state imposte, e di tempo per organizzare un confronto con le comunità interessate ce n’è stato”Luigi Casanova – Mountain Wilderness Italia

Di bacini per l’innevamento artificiale ne erano previsti altri due, uno a Bormio, in Valtellina, che ospiterà le gare di sci alpino maschile, e uno ad Anterselva, in Alto Adige, dove gareggeranno gli atleti di biathlon. Per il primo, da 88mila metri cubi, le ruspe hanno da poco iniziato a scavare. I lavori per il secondo, invece, dal volume previsto di 31mila metri cubi, non sono ancora iniziati e si attende la decisione del tribunale amministrativo di Bolzano dopo il ricorso di cinque associazioni. “Contestiamo i danni all’ambiente e la totale assenza di trasparenza e partecipazione nel processo decisionale», dice a lavialibera Luigi Casanova, presidente di Mountain Wilderness Italia, tra le realtà dietro l’iniziativa. Il progetto del bacino non è stato sottoposto a una valutazione di impatto ambientale, che è stata ritenuta non necessaria come per il 60 per cento delle opere olimpiche, stando all’ultimo report di Open Olympics. “Riteniamo che l’evento olimpico abbia fallito tanto sul profilo ambientale quanto su quello della trasparenza e della democrazia – continua Casanova –. Tutte le opere sono state imposte, e di tempo per organizzare un confronto con le comunità interessate ce n’è stato”.

Lo scorso gennaio, su richiesta della Fondazione, la Società infrastrutture Milano Cortina 2020-2026 (Simico) ha avviato l’iter per la costruzione di un ulteriore invaso, non previsto inizialmente, vicino a quello già esistente in località Po’ Drusciè a Cortina, inserendolo all’interno di un intervento di “aggiornamento degli impianti di alimentazione elettrica e attrezzature”. L’opera è stata però bloccata dal parere negativo della Soprintendenza del Veneto, che l’ha giudicata “incompatibile con i valori paesaggistici che qualificano il contesto di riferimento”: si procederà quindi con il “potenziamento dell’approvvigionamento del bacino esistente”, aumentando quindi la pressione sulla falda da cui i pozzi attingono per il riempimento.

Nuovi prelievi in Val di Fiemme

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Servirà acqua, e in abbondanza, anche per innevare artificialmente gli impianti di Tesero e Predazzo, località della Val di Fiemme, in Trentino, che ospiteranno rispettivamente le gare di fondo e salto con gli sci. Qui, il fabbisogno idrico stimato dagli organizzatori è di 72mila metri cubi, più del doppio del consumo medio registrato negli ultimi anni per il mantenimento degli impianti. L’acqua verrà prelevata dal torrente Avisio, come già avviene durante la stagione sciistica, ma in volumi molto maggiori in virtù di una nuova concessione della portata massima di 100 litri al secondo e grazie a un’opera di presa aggiuntiva in fase di realizzazione a Tesero. “Aumentare i prelievi da corsi d’acqua già ampiamente sfruttati significa causare ulteriori squilibri all’ecosistema», dice a lavialibera Tommaso Bonazza, portavoce del comitato Acque trentine, che ha presentato una serie di osservazioni critiche nei confronti del progetto, rimaste inascoltate. Non solo: l’opera ricade parzialmente in un’area protetta dove vige il divieto di costruzione, ma è stata comunque ritenuta “compatibile”.

“Prima che si arrivi allo scontro sociale, che è inevitabile man mano che la coperta si fa più corta, bisognerebbe ripensare questo modello di sfruttamento intensivo dei nostri territori”Tommaso Bonazza – Comitato Acque trentine

Nella relazione ambientale della Fondazione Milano Cortina si parla anche dell’utilizzo, per l’innevamento artificiale a Tesero, di “acqua potabile di 54 pozzi”. “Non è raro che succeda – prosegue Bonazza –. In passato, alcuni sindaci si sono quasi trovati a scegliere se dare l’acqua ai cittadini o alle piste. Prima che si arrivi allo scontro sociale, che è inevitabile man mano che la coperta si fa più corta, bisognerebbe ripensare questo modello di sfruttamento intensivo dei nostri territori”.

Rischio reflui 

A preoccupare chi abita lungo i torrenti delle valli che ospiteranno i Giochi non è solo quanta acqua ne uscirà, ma anche cosa potrebbe entrare. “C’è un rischio enorme legato alla gestione dei reflui – dice Bonazza –. Già adesso, nelle località maggiormente interessate dal turismo di massa invernale, i depuratori non riescono a far fronte ai picchi di affluenza e spesso permettono alle acque sporche di finire nei fiumi. Immaginiamo cosa potrebbe succedere durante le Olimpiadi”. Nella relazione di sintesi dello scorso dicembre, gli organizzatori hanno dichiarato che gli scarichi liquidi verranno gestiti attraverso serbatoi, escludendo quindi immissioni nella rete fognaria e nei torrenti, ma “non è ad oggi disponibile il progetto del sistema di gestione (modalità e frequenza di raccolta, siti di destinazione, modalità di smaltimento e di trasporto)”. Nello stesso documento, e in apparente contraddizione, si evoca l’eventualità di “scarichi di reflui nei corpi idrici superficiali”, che verrà gestita con l’implementazione di un “piano di monitoraggio”. Anche di questo, però, non si trova traccia pubblica.

Da lavialibera n° 33, Giochi insostenibili

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