Il Libano riparte da Joseph Aoun, il generale eletto presidente

Sono stati necessari più di due anni e dodici tentativi andati a vuoto per riuscire a eleggere il nuovo presidente del Libano. Il generale Joseph Aoun ha ottenuto 99 voti su 128 dal parlamento libanese, riuscendo a passare al secondo turno. L’ormai ex capo delle forze armate del Paese dei cedri è riuscito a conquistare anche una parte dei voti dei deputati dei partiti sciiti di Amal ed Hezbollah, rovesciando tutti i pronostici.

Fine di un’epoca

Joseph Aoun è un cristiano maronita, come vuole la costituzione libanese, che dal 1932 ha stabilito dei criteri multiconfessionali. La presidenza della repubblica spetta ai cristiani maroniti, il primo ministro deve essere un musulmano sunnita, il presidente del parlamento un musulmano sciita e il capo della polizia un rappresentante della minoranza druso, un gruppo musulmano diverso dagli altri che in Libano raggiunge il 10 per cento della popolazione.

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Fino a oggi il partito Hezbollah aveva tenuto il governo libanese politicamente prigioniero grazie al suo gruppo di 30 deputati e il vuoto di potere nel Paese aveva favorito il movimento sciita, diventato il vero padrone del Libano. Da anni le province meridionali sono sotto il controllo dí Hezbollah, ma la guerra con Israele ha fortemente indebolito il “partito di Dio” decapitandone la leadership e riducendo fortemente il suo raggio d’azione.

Fino a oggi il partito Hezbollah aveva tenuto il governo libanese politicamente prigioniero grazie al suo gruppo di 30 deputati e il vuoto di potere nel Paese aveva favorito il movimento sciita

La vittoria di Aoun segna quindi la fine del dominio dell’Iran sul Libano attraverso il suo proxy Hezbollah, costretto a scendere a patti con gli altri partiti prima ritirando il proprio candidato e poi dividendosi fra l’appoggio e la scheda bianca al nuovo presidente eletto.

Il sostegno dell’Occidente

La guerra in Medio Oriente ha profondamente cambiato gli equilibri sul campo e i fatti di Libano e Siria hanno distrutto l'”asse della resistenza” che Tehran ha tessuto per anni dalla Siria all’Iraq, dalla Palestina al lontano Yemen. Dietro al superamento di questa lunghissima impasse elettorale ci sono tre grandi player internazionali: gli Stati Uniti, che hanno appoggiato il generale fin da subito; l’Arabia Saudita, che ha finanziato la sua campagna elettorale ed è stato il primo paese a congratularsi; la Francia, che ha inviato un rappresentante diplomatico per aprire le trattative sul nome del generale.

Stati Uniti e Arabia Saudita hanno appoggiato l’elezione del generale,  mentre la Francia ha inviato un rappresentante diplomatico per aprire le trattative sul suo nome

Il Libano attraversa da anni una profondissima crisi economica. Il governo ha bloccato i conti correnti dei cittadini e non riesce a pagare gli interessi sul debito accumulato negli anni. La guerra nel sud del Paese ha aumentato le difficoltà economiche e la distruzione del porto, avvenuta il 4 agosto 2020 a causa di una terribile esplosione, ha privato Beirut della sua principale fonte di guadagno.

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La tregua fra Israele e Hezbollah terminerà alla fine di gennaio, quindi come ha promesso il nuovo presidente sarà l’esercito nazionale libanese a prendere il controllo delle province meridionali, ponendosi come cuscinetto tra i due contendenti. Joseph Aoun sembra la figura giusta per amministrare un paese pieno di problemi e che si trova in una delle aree più complicate del mondo.

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In Libano ci sono decine di migliaia di rifugiati siriani che possono far deflagrare i delicati equilibri nazionali e che premono per partire alla volta dell’Europa. Il neo presidente libanese ha già dichiarato di voler collaborare con la nuova leadership siriana per permettere ai rifugiati di poter tornare a casa dopo il crollo del regime sanguinario di Assad.

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Proprio Assad era stato un fattore destabilizzante per il Libano. La Siria negli ha occupato militarmente il piccolo paese affacciato sul Mediterraneo, rivendicandolo come una propria provincia. Oggi riparte la storia politica del Libano, che con il nuovo presidente potrà giocare un ruolo da protagonista nei processi di pace in Medio Oriente dove troppe volte è stato solo vittima degli eventi.

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