Parlamento Ue, violenza di genere come mafia e terrorismo
I prossimi passi
La risoluzione chiede di cambiare l’articolo 83 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, uno dei pochi che riguarda le competenze Ue nel diritto penale: l’articolo ammette che Parlamento e Consiglio possano stabilire delle “norme minime” per definire reati e sanzioni in certe “sfere di criminalità”. Prerequisiti necessari sono la particolare gravità, la dimensione transnazionale, o la “necessità di combatterli su basi comuni”. Caratteristiche che la violenza di genere soddisferebbe in quanto impedisce il raggiungimento di un’autentica parità di trattamento, un diritto fondamentale sancito dai trattati e dalla carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Al momento, eurocrimini sono: terrorismo, tratta degli esseri umani, sfruttamento sessuale delle donne e dei minori, traffico illecito di stupefacenti, traffico illecito di armi, riciclaggio di denaro, corruzione, contraffazione di mezzi di pagamento, criminalità informatica e criminalità organizzata. L’inserimento della violenza di genere nella lista permetterebbe di avere una definizione penale unica e vincolante in tutta l’Ue, e sanzioni minime sul tema. Ora la palla passa alla Commissione che dovrebbe formulare una proposta di modifica del Trattato da far approvare prima in Parlamento e poi in Consiglio. L’iniziativa trova d’accordo la Commissione, come dimostra il fatto che qualche giorno fa la presidente Ursula von der Lyen ha chiesto espressamente di far diventare la violenza di genere un eurocrimine.
Il sessismo c’è anche nelle aule di tribunale. I femminicidi a cui si attribuiscono motivazioni sentimentali e relazionali sembrano subire pene meno severe
Ma in Consiglio potrebbe incontrare l’opposizione dei Paesi dell’Est, già divisi sulla Convenzione di Istanbul: trattato internazionale per la prevenzione e il contrasto della violenza contro le donne approvato il 7 aprile 2011 dal Consiglio d’Europa (organizzazione che promuove la democrazia e i diritti umani in Europa, ma che nulla c’entra con l’Unione europea). Il testo è stato ratificato da molti paesi Ue, tra cui dal 2013 c’è anche l’Italia, ma non dall’Unione nel suo complesso. Una delle ragioni è che sei stati membri non l’hanno reso giuridicamente vincolante. Da mesi la Convenzione è finita al centro di molte discussioni in Europa, tanto che la rivista Politico l’ha definita un simbolo delle guerre culturali nel Vecchio continente. Ad attaccarla sono stati soprattutto governi semi-autoritari dell’Europa dell’Est e della Turchia, ma anche organizzazioni del conservatorismo cattolico, contro i diritti del mondo Lgbt+, antifemministe e antiabortiste, secondo cui il documento sarebbe in contrasto con un presunto “ordine naturale” garantito dai valori della famiglia tradizionale. Le stesse critiche, si teme, potrebbero essere sollevate alla proposta di modifica dell’articolo 83 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea. Perché l’articolo venga cambiato è necessario “completare il percorso e servirà un voto positivo e unanime del Consiglio dell’Ue, per avviare formalmente la procedura di modifica del trattato”, precisa Picierno, che però è ottimista: “Oggi dal Parlamento europeo è arrivato segnale forte e chiaro che dimostra che sui diritti e le tutele per le donne non intendiamo arretrare di un millimetro”, conclude.
I dati sulla violenza in Italia e in Europa
La risoluzione fa anche il punto della situazione in Europa. La situazione è peggiorata a causa della pandemia. Dall’inizio del 2021 al 12 settembre le donne uccise in Italia sono state 83, nella metà dei casi l’assassino è il partner o un ex.