L’Hijab non è libertà. Smettila di fingere che lo sia

L’Hijab non è libertà. Smettila di fingere che lo sia

È necessario porsi delle domande su come il denaro dei contribuenti dell’UE sia stato utilizzato per finanziare una campagna online dal titolo “l’hijab è libertà” che si fa beffe dei diritti delle donne e si scontra con i valori laici estremamente importanti della Francia.
La sbalorditiva campagna del Consiglio d’Europa (CoE) per promuovere l’uso dell’hijab tra le donne è stata condannata fin dal lancio, grazie alla totale mancanza di senso dietro questa acrobazia mentale.

Anche nelle fasi di pianificazione della decisione di promuovere l’idea che indossare il copricapo fosse, per le donne musulmane, in qualche modo emancipazione o celebrazione della libertà, sicuramente qualcuno avrebbe dovuto alzare la mano e suggerire: “Forse questa cosa non sara` accettata di buon grado in Francia”

E se così non fosse, allora chi ha impiegato questi cretini?

Quindi, quando la campagna è stata lanciata sui social media annunciando slogan come “La bellezza è nella diversità come la libertà è nell’hijab”, “Quanto sarebbe noioso se tutti avessero lo stesso aspetto? Celebra la diversità e rispetta l’hijab” e “Il mio foulard, la mia scelta”, i francesi si sono strozzati con i loro croissant.

Marija Pejcinovic Buric del CoE ha spiegato debolmente che il messaggio “riflette le dichiarazioni fatte individualmente dai partecipanti a uno dei workshop del progetto e non rappresenta la posizione del Consiglio d’Europa”.

Dai la colpa a quegli idioti del marketing e ai loro laboratori progressivamente liberali. Ma certo!

Non c’è voluto un mucchio di politici francesi per sottolineare come questa campagna non fosse solo offensiva per un’intera nazione, ma ignorasse come si sentono le donne che non hanno il lusso della scelta di indossare l’hijab. Attraenti giovani modelle completamente truccate che dichiarano la loro gioia di poter indossare questo simbolo di oppressione maschile – che è esattamente ciò che è l’hijab – confonderebbero, con le loro dichiarazioni, sicuramente molte donne in Iran, Arabia Saudita, Afghanistan.

Ma cosa contano queste donne, quando i liberali dell’Europa occidentale sono intenti a mostrare quanto virtuosi sono?

Mentre gli studiosi islamici potrebbero discutere se indossare l’hijab sia un simbolo religioso per distinguere tra donne musulmane e non musulmane, o semplicemente un obbligo ai sensi del Corano, entrambe le idee hanno una cosa in comune: impediscono alle donne di avere qualsiasi tipo di scelta.

Ciò conferisce all’hijab un significato politico che in vari paesi d’Europa – come i Paesi Bassi, il Belgio e, in particolare, la Francia – contrasta con il sentimento pubblico sull’invasione dell’Islam nella cultura nazionale, insieme ai suoi elementi più repressivi, in particolare per quanto riguarda i diritti delle donne.

Ciò è più chiaramente evidente in Francia, dove la tradizione profondamente radicata del secolarismo – la laicité – significa che l’uso di copricapi religiosi è vietato nelle scuole statali e nei lavori pubblici. All’inizio di quest’anno, il parlamento francese ha approvato una legge contro il separatismo che cercava di vietare, tra le altre cose, quelle pratiche molto ovvie che differenziavano musulmani e non musulmani. L’hijab, il niqab e il burqa rientrano tutti in questa categoria.

Il volume delle conversazioni tra i politici francesi è schizzato alle stelle – niente a che vedere con le elezioni presidenziali del prossimo anno, ovviamente – con il ministro dei Giovani Sarah El Hairy che si è dichiarata “profondamente scioccata” e che la campagna era “l’opposto dei valori che La Francia difende».

Il potenziale candidato presidenziale Eric Zemmour non si e` risparmiato, twittando: “L’Islam è nemico della libertà. Questa campagna è nemica della verità”, mentre la sua compagna di viaggio Marine Le Pen ha affermato: “Questa campagna europea che promuove il velo islamista è scandalosa e indecente in un momento in cui milioni di donne combattono coraggiosamente contro questa schiavitù”.

Persino la figura dell’establishment europeo Michel Barnier è stata all’altezza dell’occasione, dicendo: “Mi sarebbe piaciuto che i responsabili di questa cattiva campagna andassero a interrogare… le donne di Kabul che stanno lottando per non indossare questo velo”.

Fonte

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