Giovanni Melillo è il nuovo procuratore nazionale antimafia

Giovanni Melillo è il nuovo procuratore nazionale antimafia
Il procuratore capo di Napoli, Giovanni Melillo, è il nuovo procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo. La decisione è stata presa oggi dal Consiglio superiore della magistratura (Csm), l’organo di autogoverno dei magistrati, che il 13 aprile aveva ascoltato i candidati scegliendo una rosa di tre nomi da mandare al plenum (l’assemblea). Melillo ha avuto la meglio sugli altri due colleghi in corsa per la guida della Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo: il procuratore capo di Catanzaro Nicola Gratteri e il procuratore aggiunto della Dnaa Giovanni Russo. A Melillo sono andati tredici voti, tra i quali quelli dei due capi della Cassazione, il primo presidente Pietro Curzio e il procuratore generale Giovanni Salvi. Sette sono stati i voti per Gratteri (sostenuto da Nino Di Matteo e Sebastiano Ardita), ritenuto il candidato più indipendente, e cinque quelli per Russo, candidato interno. “A trent’anni dalla stagione delle stragi, va ora a Melillo l’alto compito di continuare a proiettare nelle sfide attuali le idee innovatrici di Giovanni Falcone, che progettò una struttura capace di costante rinnovamento e sempre più ampia cooperazione”, ha dichiarato la ministra della Giustizia, Marta Cartabia.

Il curriculum di Giovanni Melillo

Entrato in magistratura il 29 maggio 1985, dopo alcuni anni in pretura, nel 1991 entra alla procura di Napoli dove si occupa di criminalità comune e reati contro la pubblica amministrazione. Dal 1993 al 1999 lavora come sostituto procuratore della Direzione distrettuale antimafia. Mette da parte il lavoro di investigatore per quasi due anni, quando – dal luglio 1999 al marzo 2001 – lavora al Segretariato generale della Presidenza della Repubblica. Dopo questa esperienza, resta a Roma sostituto procuratore alla Dna, per tornare nel 2009 a Napoli coi “gradi” di procuratore aggiunto. Qui, dal 2013, coordina i lavori della Dda, un incarico lasciato tra il marzo 2014 e l’aprile 2017, quando rientra nella Capitale come capo di gabinetto del ministro della Giustizia Andrea Orlando. Dopo una breve esperienza quale sostituto procuratore generale presso la Corte d’appello, il 2 agosto 2017 viene nominato dal Csm quale procuratore di Napoli, preferito a Federico Cafiero De Raho che, in seguito, va alla Dnaa.

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Cosa si legge nella relazione del Csm

“Pur a fronte di un profilo attitudinale di altissimo livello del dottore Gratteri, la valutazione delle esperienze attitudinali specifiche porta alla prevalenza del percorso del dottore Melillo, connotato da maggiore completezza”Alessandra Dal Moro – Consigliera Csm

Esperienza nella lotta alla camorra, ma non solo: ci sono le inchieste contro il terrorismo, l’esperienza alla Dna che l’ha portato a occuparsi anche delle indagini sulle stragi di Cosa nostra e il lavoro di coordinamento ad arricchire il curriculum di Melillo, dandogli alcuni punti in più rispetto ai concorrenti. Il suo percorso professionale è stato ripercorso nella relazione esposta dalla consigliera Alessandra Dal Moro. Sono stati ricordati i tanti grandi procedimenti – a cominciare dagli anni Novanta – contro la camorra, i suoi traffici illeciti e i suoi legami con amministratori, funzionari e ufficiali pubblici e con una certa imprenditoria. Durante l’esperienza di sostituto procuratore alla Dna, Melillo ha fatto esperienza anche nell’ambito delle indagini sulle stragi di Cosa nostra  a Roma, Firenze e Milano dal marzo 1992 al luglio 1993, coadiuvando la Dda di Firenze: “Nell’ambito di tali indagini – avviate a seguito di specifico atto d’impulso predisposto dal dottore Melillo a conclusione di mirata attività di raccolta ed analisi informativa e indirizzate nei confronti, fra gli altri, del noto Bellini Paolo (di recente condannato dalla Corte d’Assise di Bologna per la strage del 2 agosto 1980) – venivano ricostruiti i delitti da lui commessi negli anni ’70, nell’ambito delle attività di destabilizzazione perseguite a fini eversivi dall’organizzazione neofascista Avanguardia Nazionale, nonché i rapporti del medesimo Bellini con i vertici di Cosa Nostra nei mesi precedenti le stragi del 1992, cui si collega la genesi della pianificazione della strategia terroristica realizzata nel 1993”, si legge nella relazione. Oltre alle mafie, dagli anni Novanta Melillo si è anche interessato di eversione e terrorismo: “Ha avviato, anche in coordinamento con altri uffici del pubblico ministero (Milano, Torino, Bologna, Roma), le prime indagini italiane riferite alle attività di gruppi terroristici di matrice jihadista operanti nel territorio dello Stato e in Europa”.

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Si legge quindi di una “robusta esperienza” nei procedimenti contro la criminalità organizzata, una “solida esperienza” sul terrorismo, doti in materia di coordinamento, vista anche l’esperienza alla Dna che molti altri candidati (tra cui Gratteri) non hanno. “Pur a fronte di un profilo attitudinale di altissimo livello del dottore Gratteri, la valutazione delle esperienze attitudinali specifiche porta alla prevalenza del percorso del dottore Melillo – si legge nella relazione –, connotato da maggiore completezza”. A vantaggio del nuovo procuratore c’è, ad esempio, anche l’aver guidato “la procura più grande, e conseguentemente più complessa, del nostro sistema giudiziario”, quella partenopea. Inoltre Melillo “ha potuto sperimentare e affinare le proprie competenze e conoscenze (a livello investigativo diretto, di coordinamento delle indagini a livello nazionale e di organizzazione) ben oltre l’ambito della criminalità che connota il territorio campano, in ragione dell’attività svolta in applicazione alla Dda di Palermo e di Firenze quale sostituto Dnaa, dell’attività di coordinamento investigativo delle indagini che, sempre in quest’ultima veste, ha compiuto quale magistrato di collegamento per i distretti di Bari, Bologna e Firenze (oltre che Napoli) e quale componente del ‘dipartimento Cosa nostra’, del ‘dipartimento nuove mafie’, del ‘Servizio cooperazione internazionale'”. Gratteri, invece, “ha dimostrato una impareggiabile specifica attitudine nella trattazione di procedimenti di criminalità organizzata di matrice ‘ndranghetista  e indiscutibili competenze di coordinamento investigativo nella medesima materia”, ma sarebbe poco per la varietà di temi di cui si occupa la Dnaa. Ad esempio, “risulta assolutamente carente la competenza nella trattazione di procedimenti in materia di terrorismo”.

In cosa Gratteri è migliore

“Nell’ambito dei procedimenti contro la criminalità organizzata il dottore Gratteri vanta una ben più lunga esperienza articolata pressoché tutta la carriera (con una sola pausa di tre anni tra il 2004 e il 2007), per circa ventotto anni”Fulvio Gigliotti – Consigliere Csm

Massimo esperto internazionale di ‘ndrangheta, desideroso di dare al ruolo di procuratore nazionale antimafia un carattere più operativo. Questo emerge invece dalla relazione del consigliere Fulvio Gigliotti per perorare la nomina di Gratteri. Nella trattazione di procedimenti in materia di criminalità organizzata “il dottore Gratteri vanta una ben più lunga esperienza articolata pressoché tutta la carriera (con una sola pausa di tre anni tra il 2004 e il 2007), per circa ventotto anni, non equiparabile a quella del dottore Melillo – si legge nel documento –. In tale lunghissimo periodo il dottore Gratteri si è in particolare occupato per lo più (ma comunque non solo) delle organizzazioni criminali riconducibili alla ‘ndrangheta calabrese, della quale può considerarsi, senza tema di smentita, il massimo esperto a livello nazionale ed internazionale”. Nella relazione sono anche elencati i diciassette libri scritti dal magistrato, a dimostrazione della sua “intensa attività scientifica”. Dei suoi 24 anni alla Dda, in cui “ha condotto, negli anni, indagini che hanno disvelato ogni aspetto della struttura organizzativa riconducibile allo specifico fenomeno criminale della ‘ndrangheta, che hanno fatto luce sui collegamenti tra la ‘ndrangheta e le altre principali organizzazioni nazionali di stampo mafioso (Cosa Nostra, Camorra e Sacra Corona Unita) e che, soprattutto, hanno dimostrato la dimensione marcatamente internazionale degli affari illeciti riconducibili ai suoi esponenti, soprattutto in materia di traffico di stupefacenti”.

Insomma, la relazione sembra puntare maggiormente sul carattere operativo, anziché su quello “manageriale”, un modello che Gratteri avrebbe potuto portare alla Dnaa “in cui il ruolo del procuratore non è meramente di gestione soprattutto passiva dei flussi di informazione, ma più direttamente incisivo nell’attività di impulso e coordinamento anche svolta in prima persona dal dirigente, pur con la collaborazione degli aggiunti e dei sostituti”.

Le reazioni contrarie

Una bocciatura di Gratteri “agli occhi dei mafiosi risulterebbe come una presa di distanza istituzionale da un magistrato così esposto”Nino Di Matteo – Magistrato, consigliere Csm

Prima del voto del Csm, i consiglieri Sebastiano Ardita e Nino Di Matteo, due sostenitori di Gratteri, hanno voluto perorare la candidatura del magistrato calabrese un’ultima volta. Il pm palermitano ha parlato a “giochi di potere” e “calcoli opportunistici” sostenendo la “maggiore e più spiccata idoneità allo scopo” del magistrato calabrese, “il più idoneo a dare rinnovato slancio alla Dna”: “Si tratta di uno dei magistrati più esposti al rischio – ha ribadito Di Matteo –. In questa situazione una scelta eventualmente diversa suonerebbe inevitabilmente come una bocciatura del dottor Gratteri e non verrebbe compresa da quella parte di opinione pubblica ancora sensibile al tema della lotta alla mafia e agli occhi dei mafiosi risulterebbe come una presa di distanza istituzionale da un magistrato così esposto”. Di Matteo fa un parallelo con “quelle condizioni di isolamento istituzionale che hanno costituito il terreno più fertile per omicidi e stragi”. Un riferimento al voto con cui il Csm preferì, nel 1988, Antonino Meli a Giovanni Falcone alla successione di Antonino Caponnetto alla procura palermitana: “È come se la storia non ci avesse insegnato nulla”, ha aggiunto Ardita.

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