Diritto penale massimo e carcere sicuro

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I dati sulla criminalità sono ai minimi storici e restituiscono il fotogramma di un’Italia in cui si uccide poco, se non le donne, il che deve allarmare. Ma il parallelo fotogramma che torna indietro dal microcosmo penitenziario restituisce un responso antitetico: il sovraffollamento carcerario supera il 130%.

La ragione è di immediata percezione. Il carcere ha tradito la sua vocazione di extrema ratio, trasformandosi in una “pattumiera” entro cui gettare i bisognosi, i poveri e quelli che il Welfare State non ha saputo sostenere. Là dove fallisce il sistema assistenziale ecco che gli istituti di pena si sovraffollano fino a deflagrare.

Aumentano i suicidi, 75 da inizio anno. Aumentano persino le morti naturali di detenuti inspiegabilmente trattenuti in cella sebbene affetti da patologie che imporrebbero la dichiarazione di incompatibilità con il carcere. Crescono i casi di suicidio anche tra la polizia penitenziaria, sfinita dalla gestione di una popolazione problematica.

Il disegno di legge A.S. 1236, meglio noto come “DDL Sicurezza”, all’esame del Senato, si colloca proprio al centro di questo fallimento dello Stato e della società, sublimandolo. In 38 articoli riesce a compromettere i principali capisaldi del diritto penale moderno introducendo pene sproporzionate e inusitatamente afflittive per condotte connotate da esigua o inesistente offensività. Clamoroso il peggioramento del Codice Rocco per i bambini costretti a nascere in carcere.

Si punisce l’occupazione abusiva di immobili da 2 a 7 anni: eccessivo se si pensa che la ben più grave associazione per delinquere è punita con la pena da 3 a 7 anni.

Aumenti anche per i reati commessi nelle adiacenze di stazioni ferroviarie o della metropolitana, o all’interno dei convogli adibiti al trasporto di passeggeri. Una vera stangata per le borseggiatrici rom… E che dire della mano di piombo che sta per abbattersi su tutti quelli che a qualsiasi titolo esprimeranno dissenso o parteciperanno a manifestazioni pubbliche? Si introduce un’ipotesi speciale di danneggiamento che punisce da 1 anno e 6 mesi a 5 anni e con la multa fino a 15mila euro se i fatti sono commessi in occasione di una manifestazione.

Pene aumentate di un terzo anche per chi usa violenza, minaccia o resistenza a pubblico ufficiale al fine di impedire la realizzazione di un’opera pubblica o un’infrastruttura strategica. Se questa norma sarà approvata si prevede un boom di ingressi nelle case circondariali di Messina e Reggio Calabria.

Nuove pene da 6 mesi a 2 anni per i blocchi stradali o ferroviari operati da più persone riunite mentre è prevista la reclusione fino a 1 mese o la multa fino a 300€ per i lupi solitari: ma chi volete che ci vada a fare un blocco stradale da solo?

Allo stesso modo l’articolo 26 del DDL introduce la pena da 1 a 5 anni per chiunque partecipi a una rivolta all’interno di un istituto penitenziario. Al successivo art. 27 pene da 1 a 4 anni per chi commette gli stessi fatti all’interno di un Centro per il rimpatrio (CPR). Entrambe le norme puniscono, incredibilmente, anche le condotte di “resistenza passiva”. Se dalla sommossa derivano lesioni è previsto un crescendo di aggravanti che arriva fino a 15 anni per i partecipanti (18 per i promotori) ove nella rivolta si cagioni “come conseguenza non voluta” la morte di taluno. Quest’ultima previsione varrebbe da sola come emblema di tutte le aberrazioni sanzionatorie introdotte dal pacchetto. Il Governo del diritto penale simbolico e della propaganda dimostra ancora una volta di essere ben lungi dal risolvere l’emergenza carceraria. Anzi, questo DDL servirà solo a precipitare ulteriormente nell’abisso un sistema che andrebbe riformato dalle fondamenta, tradendo la finalità rieducativa e l’aspirazione alla dignità del reo prevista dalla Costituzione.

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