Di generi e droghe. Una sfida culturale
Di quanto i generi siano una variabile importante nei consumi di droghe, si parla anche in Italia, tra operatori e operatrici, persone che usano sostanze, nella ricerca. La soggettività di chi usa droghe, delle donne soprattutto, ha posto partendo da sé il tema sia di come il genere influenza scelte, strategie, culture e comportamenti di consumo, sia – ed è meno scontato – di come le droghe entrino nella costruzione del genere. La riflessione si è posta anche in altri contesti sociali e culturali, come l’universo non binario, queer, lagbtq+. Sulla maschilità, il nostro paese sconta ritardi e incertezze teoriche e concettuali: i consumi di sostanze sono stati osservati e interpretati secondo una filigrana ‘neutra’ che neutra non era, rispondeva alla prevalenza dei consumi e degli sguardi del mondo maschile, ma senza leggere il fenomeno secondo una esplicita lente di genere. Il cosiddetto ‘neutro universale maschile’, insomma, che come in molti altri campi ha fatto da velo non solo alla visibilità dei consumi delle donne e delle altre identità, ma alla stessa dimensione maschile. A questa complessità cerca di rispondere la Summer School 2024 organizzata dal 5 settembre a Firenze da Forum Droghe e CNCA, intitolata appunto ‘Di generi e di droghe. Consumi, culture, contesti, diritti’ .
Soggettività e intersezionalità sono le due parole chiave attorno a cui si snoda questa riflessione corale. Spazio e parola alle soggettività, si parte dai protagonistə di tutti i diversi universi di genere – tutti presenti nel percorso – che, con tradizionale anticipo sui mondi della ricerca, dell’intervento e delle politiche, hanno da anni posto anche sotto il profilo concettuale il tema del genere nei consumi di sostanze. In particolare il movimento del ‘narcofemminismo’ rappresenta un drastico rovesciamento dello sguardo sui consumi delle donne: una critica radicale alla vittimizzazione e alla patologizzazione che ha caratterizzato ad oggi la lettura dei consumi femminili, un attacco frontale alla stigmatizzazione, e soprattutto alla sua interiorizzazione da parte delle donne stesse, l’esplicitazione del tema del piacere, l’accento su come culture, socializzazione e significati del consumo entrino come parte integrante della costruzione sociale del genere femminile. Una rivoluzione che nasce negli anni ’90, con l’ingresso di massa delle donne e delle ragazze sulla scena della notte e dei consumi nei contesti del loisir, spostando non solo le statistiche, ma l’intero scenario culturale. In modo complesso: da un lato si tratta di una normalizzazione sociale dei consumi, nel suo significato di de-patologizzazione e de-stigmatizzazione; dall’altro di un uso delle droghe in direzione ribelle contro i copioni di genere; dall’altro lato ancora di denuncia di persistenti oppressioni (violenza di genere inclusa). Anche per questa complessità il mondo del narcofemminismo appare emblematico dei cambiamenti in atto nella scena delle droghe e, insieme alle domande poste dai contesti lgbtq+, porta una sfida di paradigma, radicale e promettente. La maschilità fa finalmente la sua comparsa in un contesto che ragiona di droghe, e lo fa non più dietro il velo del ‘neutro’, ma dando parola al genere maschile, indagando sulla sua costruzione patriarcale e dando voce alle soggettività in ricerca. E poi intersezionalità: per rendere conto dell’intreccio tra il genere e molte altre condizioni, sociali, culturali, etniche che entrano in gioco nelle diverse mappe dei consumi. Differenze che vanno interrogate non come mera somma di variabili, ma sotto il profilo del potere: potere di autodeterminazione, potere di scelta. Potere di usare droghe nel modo per sé funzionale e desiderato. Potere di non essere patologizzatə, discriminatə, criminalizzatə.
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