Arriva alla Camera la proposta di legge sulle lobby. Sarà la volta buona?

Arriva alla Camera la proposta di legge sulle lobby. Sarà la volta buona?
Presto la Camera dei deputati discuterà la legge sulle lobby, quella per disciplinare e rendere più trasparenti i rapporti tra politica, amministrazioni pubbliche e portatori di interessi, cioè i rappresentanti aziende o settori economici, ma anche di organizzazioni senza scopo di lucro. Lunedì 20 dicembre sarebbe dovuta approdare nell’aula di Montecitorio (ma slitterà dopo Natale) il testo preparato dalla commissione Affari costituzionali. “Ora il parlamento ha l’opportunità di approvare un provvedimento che la categoria stessa aspetta da anni, e fare in modo che nel nostro Paese i processi d’interazione tra lobbisti e politica siano trasparenti e realmente inclusivi”, ha affermato in una nota Vittoria Baldino, deputata del Movimento 5 stelle e relatrice della proposta di legge. Il testo è nato dalla sintesi di tre proposte differenti presentate dai deputati Marianna Madia (Partito democratico), Silvia Fregolent (Italia viva) e Francesco Silvestri (Movimento 5 stelle).

La disciplina sui conflitti di interesse è ancora frammentaria, la legge non disciplina il lobbying e le cosiddette porte girevoli”Didier Reynders – Commissario europeo per la Giustizia

L’Italia è uno dei pochi paesi europei a non avere ancora una normativa di riferimento sul tema e lo scorso 24 febbraio, proprio davanti alla commissione Affari costituzionali, il commissario europeo per la Giustizia Didier Reynders aveva messo in guardia: “La disciplina sui conflitti di interesse è ancora frammentaria, la legge non disciplina il lobbying e le cosiddette porte girevoli”, cioè il passaggio da una funzione pubblica al settore privato. Ci sono quindi “problemi di trasparenza e di registro dei contatti con i lobbisti”, aveva detto Reynders. Finora sono state poche le iniziative per rendere trasparente l’attività delle lobby. La Camera ha introdotto nel 2016 un registro dei rappresentanti di interesse, tenuti a presentare una relazione delle attività e degli incontri. Anche alcuni ministeri (per le Politiche agricole, per lo Sviluppo economico, per il Lavoro e per la Pubblica amministrazione) hanno introdotto elenchi simili, ma con informazioni molto scarne. Altre iniziative sono state adottate da alcune regioni. Manca però una legge-quadro più ampia che renda uniforme la materia a livello nazionale.

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Cosa sono i portatori di interessi e i decisori pubblici?

Una parte fondamentale del testo, composto da 12 articoli, contiene le definizioni. Ad esempio, i portatori di interessi sono “persone, enti, società o associazioni che, per lo svolgimento delle attività di rappresentanza di interessi particolari”, incaricano rappresentanti di interessi o “i committenti” che conferiscono un mandato per svolgere le relazioni pubbliche. L'”attività di rappresentanza di interessi” è quella svolta “nell’ambito dei processi decisionali pubblici” da parte dei rappresentanti di interessi, cioè coloro che portano interessi – definiti “leciti” – di “rilevanza anche non generale e anche di natura non economica” ai decisori pubblici. Portano le loro istanze attraverso incontri, oppure con lo scambio di proposte, studi, ricerche, analisi e documenti, suggerimenti e altre attività che possano contribuire alla formazione della decisione pubblica che sia una proposta di legge, un decreto o un emendamento o altro ancora.

Chi sono invece i decisori pubblici? Si tratta di membri del parlamento e del governo, presidenti di regione e sindaci. Politici eletti o anche nominati, dunque, ma non solo loro. Il provvedimento include pure gli organi di vertice degli enti pubblici statali e i responsabili degli uffici di diretta collaborazione di sindaci o ministri, funzionari pubblici che spesso lavorano materialmente alle decisioni.

Il registro dei rappresentanti di interessi

Una delle novità più importanti riguarda l’istituzione – all’interno dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato (l’Antitrust) – di un registro ad hoc “per la trasparenza dell’attività di relazione per la rappresentanza di interessi”, da tenere in formato digitale. Esso sarà suddiviso in due parti: una ad accesso riservato per i soggetti iscritti e le amministrazioni pubbliche e un’altra ad accesso libero e “consultabile in via telematica”.

L’iscrizione è obbligatoria per chi vuole esercitare “attività di relazioni istituzionali” per la rappresentanza di interessi. Si rivolge quindi ai lobbisti, i professionisti dei “public affairs”. Per porre un argine a possibili conflitti di interessi, non potranno fare parte di questo elenco, tra gli altri, i parlamentari nel corso del loro mandato, i membri del governo, i presidenti, gli assessori e i consiglieri regionali, i presidenti e i consiglieri delle province e delle città metropolitane. E ancora: i sindaci, gli assessori e i consiglieri comunali dei comuni capoluogo, oltre a una serie di soggetti che hanno avuto rapporti – definiti nel testo – con decisori pubblici. Sono esclusi da questa attività anche i giornalisti.

Il problema delle porte girevoli

Non potrà iscriversi al registro (e quindi non potrà lavorare come lobbista) – per un anno dopo la fine del proprio mandato – chi ha svolto incarichi nel governo nazionale e regionale. Questa regola, che vorrebbe evitare il fenomeno delle porte girevoli (le cosiddette “revolving doors”), ha provocato malumori nella maggioranza che sostiene il governo Draghi. Lo scorso 30 novembre infatti la commissione, con i voti di Movimento 5 stelle, Partito democratico e Liberi e uguali, ha approvato una modifica che abbassava il limite del divieto di iscrizione dai tre anni a un anno solo, ma Forza Italia, Italia viva e Lega hanno votato contro il divieto. L’emendamento approvato (per due voti) era peraltro un tentativo di compromesso al ribasso tra i partiti e addirittura alcuni rappresentanti delle associazioni di settore, auditi dalla commissione, ipotizzavano fosse giusto porre un limite di due anni. I parlamentari, invece, al termine del loro mandato potranno subito indossare gli abiti dei lobbisti sfruttando il loro bagaglio di conoscenze e rapporti.

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L’esclusione di sindacati e associazioni datoriali

“Gli attori più influenti sul campo, fra cui Confindustria e i sindacati confederali, non dovranno registrare i propri incontri con politici e decisori negli appositi registri. Obbligo invece presente per le organizzazioni della società civile impegnate a difendere i diritti, l’ambiente e cause di ogni genere”Transparency International Italia

E’ stato rilevato un altro punto oggetto di critiche: non sono obbligati a iscriversi al registro i sindacati e le associazioni datoriali. L’organizzazione no profit The Good Lobby l’ha definito un “trattamento di favore” perché sindacati e associazioni di categoria “concorrendo a influenzare le decisioni pubbliche”, devono “essere trasparenti tanto quanto le aziende, le Ong, le società di consulenza e gli studi legali”. Critiche sono arrivate anche da Transparency International Italia: “Gli attori più influenti sul campo, fra cui Confindustria e i sindacati confederali, non dovranno registrare i propri incontri con politici e decisori negli appositi registri. Obbligo invece presente, secondo quanto previsto dalla proposta di legge, per le organizzazioni della società civile impegnate a difendere i diritti, l’ambiente e cause di ogni genere”.

Un registro aperto

Una parte dell’elenco sarà ad accesso pubblico e potrà essere consultata da tutti (basterà registrarsi). Al suo interno ci saranno varie informazioni, che verranno aggiornate ogni mese sotto la responsabilità del rappresentante iscritto. In sostanza si tratta di dati anagrafici e identificativi, oltre a informazioni sulle “risorse umane ed economiche” utilizzate nel corso dell’attività. Inoltre in questa parte del registro verrà inserita pure l’agenda (aggiornata) degli incontri tra lobbisti e decisori pubblici. Per “ciascun evento” – specifica la proposta di legge – andranno indicati luogo, data, durata, tema trattato e soggetti partecipanti, nonché la “modalità di richiesta dell’incontro” e l’indicazione del “soggetto che ha formulato la richiesta”.

Il provvedimento dà poi la possibilità ai decisori pubblici di indire “consultazioni” aperte agli iscritti al registro.

Il Comitato di sorveglianza e il codice deontologico

Sempre all’interno dell’Antitrust verrà istituito un Comitato di sorveglianza che dovrà occuparsi della trasparenza dei processi decisionali pubblici. Questo organismo sarà composto da due magistrati (uno della Corte di cassazione, l’altro della Corte dei conti) e da un professore ordinario di materie giuridiche. Il Comitato dovrà tenere il registro. Inoltre dovrà vigilare, raccogliere le segnalazioni e stilare una relazione annuale sull’attività dei rappresentanti di interessi, che andrà poi trasmessa alla presidenza del Consiglio dei ministri e al parlamento. Al nuovo organismo spetterà anche il compito di adottare un codice deontologico a cui dovranno attenersi i lobbisti.

La proposta di legge prevede anche delle sanzioni per chi non rispetta le regole. A seconda della gravità della condotta si va dall’ammonizione alla censura, fino alla sospensione dall’iscrizione nel registro o addirittura – nei casi più gravi – alla cancellazione. Sono previste multe da 5mila a 15 mila euro per chi fornisce false informazioni oppure omette di comunicarle.

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Una legge necessaria

“Ignorando i portatori di interesse, rischio di approvare un ‘mostro giuridico’ che o non troverà mai applicazione o, se applicato, produrrà danni per la nostra comunità”Pier Luigi Petrillo – Professore di diritto

Una legge per regolamentare le lobby non serve soltanto ai cittadini, in un’ottica di trasparenza e monitoraggio delle attività di eletti e funzionari pubblici. A trarne giovamento sarebbero anche gli operatori del settore e il sistema di formazione delle leggi. I decisori hanno bisogno di un confronto con gli esperti del settore e di acquisire informazioni, dati e testimonianze, ma questo processo – sottolineano molti operatori – deve essere inclusivo, ampliando la platea di portatori di interesse, e deve garantire parità di accesso: “Ignorandoli, rischio di approvare un ‘mostro giuridico’ che o non troverà mai applicazione o, se applicato, produrrà danni per la nostra comunità”, ha spiegato ai deputati Pier Luigi Petrillo, professore di diritto all’Unitelma Sapienza ed esperto di lobbying.

The Good Lobby, nella sua audizione, ha sottolineato un aspetto ulteriore: “I policy makers non possono interpellare in maniera arbitraria solo i soggetti che per contatti acquisiti, risorse disponibili, rilevanza economica o sociale, sono in grado di farsi ascoltare e vantano perciò il diritto di dire la loro sulle proposte normative. The Good Lobby e le organizzazioni sue alleate chiedono che una regolamentazione del lobbying garantisca a tutti i soggetti in grado di portare un punto di vista utile al decisore pubblico, di potersi esprimere, di poter essere ascoltati”.

Il traffico di influenze illecite e le lobby

Altro aspetto importante di questa legge è che, se approvata, potrà rendere più efficace l’applicazione del reato di traffico di influenze illecite, introdotto nel 2012 con la legge anticorruzione (la Severino) e modificato dalla Spazzacorrotti del 2019. Il reato punisce chi “sfruttando o vantando relazioni esistenti o asserite” con un pubblico ufficiale, un incaricato di un pubblico servizio o altre figure pubbliche “indebitamente fa dare o promettere, a sé o ad altri, denaro o altra utilità, come prezzo della propria mediazione illecita”. Tuttavia l’introduzione di questo reato “senza la legge sul lobbying, ha lasciato un confine troppo ampio tra ciò che è lecito e ciò che non lo è rischiando di criminalizzare anche quelle attività fisiologiche e lecite che riguardano la rappresentanza di interessi – ha spiegato ai deputati The Good Lobby –. C’è bisogno ridisegnare il confine chiarendo, una volta per tutte, ciò che può essere considerato lobbying e cosa invece un’attività criminale”.

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