Facebook ammette: I fact checkers censurano in base all’opinione dell’azienda

Facebook ammette: I fact checkers censurano in base all’opinione dell’azienda

Sorprendentemente poca attenzione viene prestata a un’ammissione bomba fatta dagli avvocati che rappresentano la società precedentemente nota come Facebook, Inc., che ora è passata a Meta Platforms, Inc.

In un caso giudiziario in risposta a una causa intentata da John Stossel nel quale sosteneva di essere stato diffamato da un “fact checker” di facebook che ha etichettato un suo video come “fuorviante”, gli avvocati di Meta affermano che il “fact check” era una “opinione”, non un controllo effettivo dei fatti e una dichiarazione dei fatti. Ai sensi della legge sulla diffamazione, le opinioni sono protette dalla responsabilità per diffamazione.

Anthony Watts di Wattsupwithche spiega:

Le opinioni non sono soggette a denunce per diffamazione, mentre le false affermazioni di fatto possono essere soggette a diffamazione. La citazione nella denuncia di Facebook è:

Gli avvocati di Meta provengono dallo studio legale Wilmer Cutler Pickering Hale and Dore, con oltre un migliaio di avvocati e più di un miliardo di dollari all’anno di entrate. Ovviamente hanno verificato le implicazioni della questione per i problemi della Sezione 230, la protezione legale che Facebook / Meta hanno dalla responsabilità per ciò che viene pubblicato sul loro sito. Ma come minimo, questo è un disastro di pubbliche relazioni, rivelando che i loro “controlli dei fatti” non sono affatto fattuali e dovrebbero essere etichettati come “la nostra opinione” o un linguaggio del genere che evita la parola “fatto”.

Da esterno, mi sembra che se Facebook inserisce le sue opinioni nei post o le blocca a causa della sua opinione, allora questo lo rende un editore con responsabilità legale.

Tecnicamente parlando Facebook delega il suo “fact checking” a organizzazioni esterne,di solito gruppi di sinistra. Nel caso del video di Stossel che è stato diffamato, il sito web esterno chiamato“Climate Feedback”,che è anche nominato un imputato nella causa.

Watts riassume bene le implicazioni delle PR:

Tali “verifiche dei fatti” sono ora mostrate semplicemente come un’agenda per sopprimere la libertà di parola e la discussione aperta della scienza mascherando l’attivismo dei media liberali come qualcosa di presumibilmente fattuale, nobile, neutrale, affidabile e basato sulla scienza.

Alla luce dell’ammissione di Facebook, è tempo che il Washington Post offra una correzione a questo pezzo di Ethan Porter e Thomas J. Wood, pubblicato meno di un mese fa, intitolato “I controlli dei fatti funzionano davvero, anche su Facebook. Ma non abbastanza persone li vedono”.

Il cosiddetto “fact checking” è una frode usata per coprire la censura di opinioni che differiscono da quelle della potente oligarchia della Silicon Valley. E ora abbiamo la prova attestata in un deposito giudiziario da una delle aziende più ricche del mondo, rappresentata da alcuni degli avvocati più elitari del mondo.

Fonte

fakefact1a

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